Il Governo può decidere di far ripartire la moda prima di maggio

Il Governo può decidere di far ripartire la moda prima di maggio

Il premier Giuseppe Conte lo ha anticipato nella conferenza stampa del 10 aprile: per alcuni comparti industriali il lockdown potrebbe finire prima del 4 maggio. Oggi da La Stampa e dal Sole 24 Ore si apprende che il Governo può decidere di far ripartire la moda, individuata quale settore strategico per l’export nostrano, entro la fine del mese. Forse già dal 18-20 aprile: dipende, tra le altre cose, dal parere del comitato tecnico presieduto da Vittorio Colao, dall’intesa tra le parti sociali e dalla possibilità di garantire strumenti di sicurezza. In questi giorni, d’altronde, anche Licia Mattioli, vicepresidente di Confindustria, ha spiegato che la moda e la concia sono tra i settori che hanno bisogno di riattivarsi. L’alternativa è vedersi erodere le quote di mercato.

Far ripartire la moda prima di maggio

La moda, certo, ma non solo. Tra i settori strategici per l’export italiano, dicevamo, ci sono altre destinazioni d’uso della pelle, come l’auto e il design. Secondo le indiscrezioni, l’eventuale anticipazione del termine del lockdown sarà deciso con un decreto firmato dal Ministero per lo Sviluppo Economico (che guida i tavoli settoriali) e il Ministero per l’Economia e la Finanza. Nei prossimi giorni andranno sentiti i pareri del tavolo tecnico e, soprattutto, di quello sanitario: nessuno ha intenzione di sottovalutare il Coronavirus. Andranno poi aggiornati i protocolli tra aziende e sindacati per definire le misure precauzionali da adottare sul luogo di lavoro (turni, distanze tra le postazioni e ingressi, ad esempio). Ci sono da definire, poi, anche aspetti di tipo procedurale, come il ruolo di ispezione in azienda, da affidare alle ASL.

Ce n’è bisogno

Ci sono settori cruciali per l’Italia come la moda, l’industria conciaria, la ceramica, la siderurgia e la meccanica ancora bloccati”, commenta dalle pagine de Il Gazzettino Licia Mattioli. Non è la prima delle figure di vertice delle associazioni datoriali (nazionali, territoriali e di settore) a esprimere l’urgenza della salvaguardia, insieme alla salute pubblica, del tessuto manifatturiero del Paese. “La capacità italiana è al 50% perché 2,5 milioni di aziende su 4,3 hanno dovuto chiudere – spiega –. Queste generano il 45% del valore aggiunto, la metà del fatturato totale. Chi esporta si ritrova a non poter produrre, col rischio di vedersi rubare le commesse dai Paesi che stanno lavorando quasi a pieno ritmo”.

Sentimento comune

Che sia il momento di definire le modalità di ripartenza delle imprese è un’opinione comune. “Se il settore moda non riesce a riaprire – ha detto Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, durante la conferenza stampa pre-pasquale –, perde la collezione invernale e, ironia della sorte, chi se la prende? I cinesi”. Ma ci sono anche le associazioni d’impresa in prima linea. “Non far ripartire le filiere del tessile, abbigliamento, pelletteria e calzature – conclude Marco Landi, Presidente Nazionale CNA Federmoda – significa condannare alla chiusura migliaia di imprese. Quali? Quelle che hanno in portafoglio ordini per la stagione autunno-inverno 2020/2021 che non potranno soddisfare, perdendo clienti e mercati faticosamente conquistati e rischiando di essere così estromesse delle catene globali del valore”.

 

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