Il primo grado del processo per la contaminazione da PFAS della falda acquifera del Veneto centro-orientale si è concluso con la condanna ai gestori di Miteni. Il verdetto della Corte d’Assise di Vicenza del 26 giugno prevede 141 anni di carcere per 11 manager (e l’assoluzione per 4) dello stabilimento chimico di Trissino, che tra il 2009 e il 2018 (anno del fallimento) è stato gestito dalla lussemburghese Icig e prima da Mitsubishi (dal 1988 al 1996 con EniChem e dal 1996 al 2009 in esclusiva). La stessa sentenza prevede il risarcimento di 500.000 euro per Acque del Chiampo, che dal 2013 a oggi sta investendo 37 milioni di euro per combattere l’inquinamento da PFAS. “La sentenza non ha evidentemente accolto le tesi dei responsabili – commenta Marco Tonellotto, difensore Acque del Chiampo nel processo come parte civile –. Gli imputati miravano ad addebitare l’inquinamento al sistema industriale della Valle del Chiampo. L’allocazione delle responsabilità è netta e inequivocabile”.
Condannati i gestori di Miteni
Era il 2013 quando l’agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPAV) indicava in Miteni l’origine dell’inquinamento da PFAS (sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate). Mentre è durato 4 anni il processo presso la corte berica, che si è concluso con condanne (141 anni di reclusione per 11 imputati). Vale a dire più delle stesse richieste della Procura (121 anni e 6 mesi per 13 imputati). “Miteni è stata riconosciuta responsabile – sintetizza il Corriere del Veneto – e dovrà pagare 125.000 euro di multa, oltre a essere sottoposta a 437.000 euro di confisca”.
I risarcimenti
Erano oltre 300 le parti civili nel processo: tra queste Acque del Chiampo, gestore del servizio idrico integrato per 10 comuni della Valle del Chiampo. “La sentenza rappresenta una tappa fondamentale per il riconoscimento dei danni e dei costi sostenuti dai gestori idrici – afferma il presidente Renzo Marcigaglia –. Il risarcimento di 500.000 euro è un primo passo. Andremo avanti fino al risarcimento dell’intera somma (37 milioni) per evitare che a pagare il costo dell’inquinamento siano gli utenti in bolletta. Va ribadito anche in fase di risarcimento il concetto che chi inquina paga”. “Come gestore idrico abbiamo sviluppato le metodiche necessarie per monitorare il problema – aggiunge il direttore generale Andrea Chiorboli – acquistando strumenti di laboratorio e creando competenze che prima non avevamo. Abbiamo quindi messo a terra importanti investimenti dando supporto alla Regione per adeguare la rete infrastrutturale in collaborazione con gli altri gestori. Ora continueremo con monitoraggi, controlli ed investimenti sul territorio in attesa della bonifica e di ricevere acqua da fonti incontaminate”.
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