Sarà una Brexit dura, ma la promessa di diventare un paradiso fiscale favorisce la scarpa inglese

“Vogliamo le vostre merci e che continuiate a comprare le nostre”, ma “non vogliamo una parziale associazione con l’UE, che ci lasci per metà dentro e fuori”, bensì un accordo sullo stile di Svizzera e Norvegia, cioè tra partner sullo stesso livello. Sono, in estrema sintesi, le condizioni che il premier inglese Theresa May (nella foto) ha annunciato ieri dalla Lancaster House di Londra in vista dell’inizio dei negoziati per la Brexit. Se il Partito Conservatore negli ultimi mesi si era diviso tra una corrente soft (cioè fautrice di un nuovo accordo con Bruxelles che non stravolgesse gli equilibri consolidati) e una hard, determinata a una trattativa intransigente, May ha abbracciato con decisione il secondo gruppo. Il premier ha annunciato alla diplomazia comunitaria che, se al termine dei colloqui non si sarà raggiunta un’intesa soddisfacente per Londra, è disposta a far saltare il tavolo piuttosto che ad accettare un accordo sfavorevole per la sua parte. Per tranquillizzare investitori e opinione pubblica, l’Esecutivo britannico assicura un abbattimento del prelievo fiscale (l’opposizione laburista, a dirla tutta, parla di promesse di trasformazione in “paradiso fiscale”) che confermi il ruolo di Londra come capitale economica mondiale. La manifattura italiana drizza le antenne. Già a dicembre il presidente di Confindustria Fermo Giampietro Melchiorri lamentava che, complice la svalutazione della sterlina post Brexit, il calzaturiere inglese stava diventando più attraente per la produzione delle griffe. Anche la pelletteria potrebbe tirare la volata ai concorrenti europei in virtù delle condizioni fiscali più favorevoli. Al momento, agli inglesi manca il know how per confezionare un prodotto di ad alto livello. Per certi brand, però, potrebbe non essere un problema insormontabile. (rp)

CONTENUTI PREMIUM

Scegli uno dei nostri piani di abbonamento

Vuoi ricevere la nostra newsletter?
iscriviti adesso
×