Trump vuole il dazio al 35% per chi delocalizza, la scarpa USA: “Così danneggia imprese e consumatori”

Lo ha detto di recente in un’intervista a Fox News, lo ha ripetuto sui Social, trovando il sostegno mediatico del suo vice, Mike Pence. Il neopresidente degli USA Donald Trump per riportare manifattura e lavoro in patria è pronto a varare un dazio speciale del 35% per le imprese a stelle e strisce che reimportano negli States prodotti fabbricati altrove. La misura, nelle intenzioni del prossimo inquilino della Casa Bianca, è un contro-incentivo fiscale per i brand della moda (e non solo): se produrre all’estero non è più vantaggioso, chiuderanno le fabbriche delocalizzate in giro per il mondo a favore degli stabilimenti statunitensi. La proposta, però, ha generato reazioni tutt’altro che positive. Gli osservatori si dividono tra chi è perplesso sulla natura della misura (“Le tariffe si impongono sui prodotti, non sulle imprese”, ha commentato con CNN Robert Scott esperto dell’Economic Policy Institute di Washington) e chi dubita che Trump riuscirà effettivamente a far passare il nuovo dazio in sede parlamentare. Le associazioni della scarpa USA, invece, sono né più né meno che sul piede di guerra. Matt Priest, ceo di FDRA (sigla che riunisce i retailer) parla con Footwear News di un provvedimento dalla “dubbia costituzionalità” che, qualora adottato, “colpirebbe il consumatore” su cui si riverserebbe il costo in più. Stephen Lamar, vice presidente esecutivo di AAFA (l’associazione della calzatura e degli accessori), immagina invece che il danno economico per le aziende comprometterebbe “investimenti in ricerca o in espansioni che porterebbero nuove assunzioni”. (rp)

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