Il riscatto di Hogoè Kpessou, che con la pelletteria cambia vita

Il riscatto di Hogoè Kpessou, che con la pelletteria cambia vita

Il riscatto di Hogoè Kpessou è possibile anche grazie alla pelle. Nativa del Togo e poi emigrata negli Stati Uniti, Kpessou è stata vittima di discriminazione per la sua pelle e di bullismo per il suo cognome di difficile pronuncia. La ragazza, dopo aver svolto alcune esperienze lavorative, ha lanciato il suo marchio di moda ad ottobre 2020 e da allora ha incassato 500.000 dollari di vendite. È conosciuta per i suoi zaini in pelle decorati con il simbolo delle api. Nei prossimi mesi assumerà cinque collaboratori. Ultime due informazioni: ha 22 anni e ha imparato da sola il coreano.

Il riscatto di Hogoè Kpessou

È una storia di determinazione e di volontà quella di Kpessou. Quando aveva 6 anni ha lasciato il Togo per trasferirsi a Jacksonville, in Florida. La 22enne ricorda che i compagni di classe scoppiavano a ridere ogni volta che un insegnante cercava di pronunciare il suo cognome. Ha venduto candele e libri di poesie online mentre lavorava come rappresentante per una compagnia di assicurazioni. Nel fine settimana lavorava in un ristorante e si occupava di consegne di cibo per Uber Eats. Quando riceve 10.000 dollari dalla mamma per acquistare un’auto, decide invece di impiegare la somma per lanciare il suo marchio di moda, incentrato sulla pelletteria. E per sfida, chiama il marchio come il suo nome e cognome.

 

 

Come cambia la vita

È passato meno di un anno dalla fondazione del brand di pelletteria. Hogoè Kpessou, come racconta a Business Insider, gestisce l’azienda da sola, ma intende assumere almeno altre cinque persone nei prossimi due mesi. Dal suo lancio, la società ha realizzato quasi 500.000 dollari di vendite, aumentando esponenzialmente il traffico internet di sito e social. Un successo che potrebbe proiettare Hogoè come nuova designer emergente della pelletteria di lusso.

Un nome evocativo

“Quando senti Gucci, non pensi subito al prezzo. Pensi alla presenza che porta quel nome. Pensi a qualcosa di lussuoso o di grande – spiega la designer a Reckon –. Volevo la stessa capacità per il mio nome, perché mi sentivo come se fossi stata defraudata del piacere di poter essere me stessa per così tanto tempo”. (mv)

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