I clienti russi bussano alla porta della pelletteria italiana: al Mipel le conferme di un mercato in ripresa

I russi stanno tornando. I grandi assenti del biennio 2014-2016, quella voce di mercato affossata da scenari geopolitici (il conflitto in Crimea, le frizioni con Washington e l’UE) e dalla svalutazione del rublo, bussano alla porta della moda italiana. I dati congiunturali pubblicati da Aimpes, l’associazione nazionale della pelletteria, fotografano il trend. Nel boom delle esportazione del periodo gennaio-maggio gioca un ruolo primario la domanda russa, i cui acquisti sono cresciuti del 13,6% in valore su base annua: il giro d’affari moscovita vale poco meno di 50 milioni di euro, per un totale di oltre 70.000 prodotti in più venduti rispetto allo stesso periodo del 2016. Le opinioni degli addetti ai lavori, riuniti al Mipel (Fieramilano Rho, 17-20 settembre) per la 112esima edizione della fiera della pelletteria, sono diverse e, in un certo senso, convergenti. C’è chi punta sull’aspetto valutario della faccenda: “Quando le cose in Russia andavano male, oltre alle questioni politiche, incideva il rublo debole”, sostiene Stefano Pierpaoli, export manager della milanese Araldi. C’è chi crede nel rimbalzo positivo: “Dopo un calo tanto prolungato, era fisiologico che il mercato tornasse a crescere”, afferma Eros Pennacchioni della pelletteria Giudi. C’è chi sostiene che per i clienti russi non c’è veto politico che tenga: “Vogliono il bello e non guardano al prezzo per averlo: al made in Italy non sanno rinunciare”, è l’opinione di Davide Visonà, chief designer di Plinio Visonà. Ma c’è anche chi dice di non aver mai mollato la presa sul mercato moscovita, neanche negli anni peggiori: “Anche quando tutti dicevano che non c’era più niente da fare, noi ci abbiamo investito. E siamo cresciuti” è la testimonianza del pellettiere fiorentino Franco Pugi.

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