Higg Index: Kering lo boccia, la Norvegia lo stronca (di nuovo)

Higg Index: Kering lo boccia, la Norvegia lo stronca (di nuovo)

Anche Kering boccia l’Higg Index. “Pensiamo che non sia adeguato per il settore del lusso”. Lo strumento era stato applicato da diversi marchi membri di SAC – Sustainable Apparel Coalition, il gruppo che ha stilato lo stesso Higg Index. Tutto ciò è rimasto “valido” fino allo scorso giugno quando NCA – Norwegian Competition Authority ha affermato che l’indice era fuorviante e non poteva essere utilizzato per sostenere strategie di marketing. Qualcosa, insomma, di molto simile al greenwashing. Ora SAC sta cercando di ricompattare le proprie fila, per proseguire nel suo progetto. Ma in Norvegia non abbassano la guardia ed evidenziano il conflitto di interessi di quest’ultima attività.

“Enormi lacune”

La Sustainable Apparel Coalition è una lobby commerciale tra le più potenti e influenti della moda, avendo come membri alcuni big del settore. Per esempio: Patagonia, Nike e H&M. Ha rilasciato Higg Index promuovendolo come strumento standard per misurare l’impatto ambientale e sociale di un prodotto. Lo scorso giugno, dopo che l’industria conciaria lo aveva accusato di “autoreferenzialità” e dopo l’inchiesta di The New York Times che ne evidenziava “le enormi lacune”, la Norvegia lo ha proibito: troppe incongruenze e conclusioni tratte da dati vecchi. Conseguenza: SAC lo ha parzialmente sospeso.

Kering lo boccia

Nel frattempo, alcune grandi aziende ne avevano già preso le distanze. Adidas ha lasciato SAC due anni fa e ora utilizza un metodo interno per misurare la sostenibilità. Kering ha mollato il colpo a dicembre 2021. “Il problema con Higg Index è che non sono dati verificati da terze parti, ed è ciò che è stato raccomandato”, dice Géraldine Vallejo, direttrice del programma di sostenibilità di Kering, a Business of Fashion. “Pensiamo che non sia adeguato al settore del lusso”.

La Norvegia lo stronca (di nuovo)

Non finisce qui. Pochi giorni fa SAC ha svolto la sua assemblea annuale a Singapore con l’obiettivo di definire una tabella di marcia per superare l’attuale controversia e ridare credibilità all’indice. Ma Tonje Drevland (Norwegian Competition Authority) stronca questi tentativi, evidenziandone il conflitto di interessi. “Bisogna accogliere le critiche; non è possibile che l’industria della moda discuta e stabilisca le regole“. (mv)

Leggi anche:

CONTENUTI PREMIUM

Scegli uno dei nostri piani di abbonamento

Vuoi ricevere la nostra newsletter?
iscriviti adesso
×