Il proselitismo veg di Ikea, Coimbra meat-free: ma che etica è?

Il colosso dell’arredamento svedese Ikea annuncia di voler spingere sull’offerta vegana nei propri ristoranti. Di più: vuole portare i clienti a preferire le opzioni plant based. L’università di Coimbra, invece, da gennaio 2020 elimina dai menù delle mense le pietanze a base di carne bovina. Sono notizie simili, che rimbalzano a breve distanza l’una dall’altra da angoli diversi del mondo. A unirle sono le ambizioni etiche dei propositori: così, pensano di fare un favore al mondo. Ma la questione dell’impatto ambientale dei consumi alimentari, come ricorda un approfondimento di The Vision (ormai vecchio di due anni, ma forse non abbastanza letto), non è così scontata. Eliminare i prodotti animali non è sinonimo di sostenibilità.

Le idee di Ikea
La preparazione di una nuova variante vegana della tradizionale polpetta svedese è solo il primo pezzo della strategia veg di Ikea. Michael La Cour, managing director di Ikea Food (680 milioni di clienti annui, 2,2 miliardi di euro di fatturato), ha spiegato a Food Navigator che l’obiettivo del gruppo è portare la quota dei prodotti vegani a rappresentare il 20% del menu entro il 2022. Per riuscirci, Ikea Food farà uso della leva del prezzo, di modo che i piatti vegetali “abbiano appeal maggiore sui consumatori”. L’intenzione non è solo accontentare i clienti vegani: “Vogliamo prendere il cliente carnivoro – dice – e convertirlo al nuovo prodotto”.

 

 

La soluzione dell’Università di Coimbra
È stato il rettore in persona dell’Università di Coimbra, invece, ad annunciare la decisione dell’ateneo portoghese. Come riporta la stampa locale, Gonçalo Santos, segretario generale dell’associazione che rappresenta la concia lusitana (APIC) è trasecolato: “Ci sono altri modi per raggiungere le emissioni. Siamo disposti a creare un kit per gli studenti dell’ateneo in pelle, un materiale talmente durevole che può essere utilizzato dagli studenti stessi, dai loro figli e forse anche dai nipoti”.

I termini della questione
La domanda mondiale di quinoa è diventata talmente alta che ampie porzioni di Bolivia si sono votate alla sua monocoltura, mentre in Perù è diventata troppo cara per le capacità di spesa della popolazione locale. Allo stesso tempo, per soddisfare i volumi di export di anacardi in Vietnam si sono impiantati sistemi di lavoro che, secondo Human Rights Watch, cadono nello schiavismo. Il boom delle colture di mandorle sta mettendo in ginocchio il sistema idrico della California. Lo spostamento di fette consistenti del pubblico mondiale verso l’alimentazione vegana o vegetariana ha fatto simmetricamente esplodere il consumo degli alimenti alternativi. Come riporta The Vision, con conseguenze sugli equilibri produttivi globali che si possono definire in tutti i modi, tranne che etici. Già di recente Vanity Fair picconava le certezze su cui si fonda la presunta superiorità della moda veg. È ora di chiedersi se lo sia davvero l’alimentazione, ma forse sono in molti a non voler ascoltare la risposta.

Foto da Ikea.com

 

 

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