Se il ministro della Transizione Ecologica sulla carne inizia male

Se il ministro della Transizione Ecologica sulla carne inizia male

“Modificando la nostra dieta, avremo un beneficio: miglioreremmo la salute pubblica, riducendo al tempo stesso l’uso di acqua e la produzione di CO2”. Roberto Cingolani, ministro della Transizione Ecologica (nella foto Imagoeconomica), sulla carne inizia male. Intervenendo alla Conferenza preparatoria della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, il titolare del nuovo dicastero sembra avere un’idea a dir poco approssimativa dell’industria zootecnica. “L’agricoltura intensiva pone problemi – sono le sue parole, riprese dal Sole 24 Ore –: ci ha consentito di vivere più a lungo, ma ha comportato una notevole alterazione dell’ecosistema. Sappiamo che chi mangia troppa carne subisce impatti sulla salute: si dovrebbe diminuire la quantità di proteine animali, sostituendole con quelle vegetali. D’altro canto, la proteina animale richiede sei volte l’acqua della proteina vegetale, a parità di quantità. Gli allevamenti intensivi producono il 20% della CO2 emessa a livello globale”.

Sulla carne inizia male

Cingolani è uno dei tecnici del governo Draghi: è il direttore scientifico dell’Istituto italiano di tecnologia (IIT) di Genova, è un docente universitario con esperienza internazionale, ha già collaborato con l’amministrazione pubblica. Il fatto che corredi di alcuni dati le sue asserzioni, sembra corroborare le sue posizioni. Non è così semplice: “La strada verso una completa sostenibilità delle attività umane è un percorso lungo, una transizione appunto – scrive Giuseppe Pulina, presidente dell’Associazione Carni Sostenibili –. L’auspicio è che il nostro comparto, riferimento per il resto del mondo, diventi parte della soluzione e non solo un problema da liquidare sbrigativamente”.

Per questo Pulina, nella sua lettera che si può leggere qui, condivide con il ministro “i veri numeri del comparto zootecnico italiano, consci che dietro a ogni dato c’è il lavoro di professionisti, scienziati, agricoltori, allevatori, agronomi, veterinari”.  Personale che “quotidianamente trasforma ricerca e innovazione in buone pratiche a tutela delle persone, degli animali e dell’ambiente”.

 

 

Le reazioni

La sortita di Cingolani ha creato malumori nella filiera italiana, comprensibilmente. Il ministro ha manifestato un tipico riflesso pavloviano dei radical green: quello per il quale la carne non entrerebbe nella definizione di economia sostenibile. “Il ministro sa bene – ricorda al Sole Luigi Scordamaglia, presidente Assocarni –, anche per il suo importante contributo dato al precision farming ed all’utilizzo dei big data in agricoltura, che il modello agroalimentare italiano è profondamente diverso da quello massificato di altri Paesi. L’agricoltura e l’allevamento italiano sono tra i più sostenibili al mondo: rappresentano una soluzione e non un problema rispetto alle sfide da lui sollevate”.

La salubrità

A proposito degli effetti sulla salute, la filiera ha da ridire. “ Il ministro dà per scontato che il consumo di carne sia nocivo. Non riflette sul fatto che gli italiani – dice ancora Pulina – si collocano agli ultimi posti fra i Paesi sviluppati per il consumo annuale reale. Uno studio del Global Burden Disease ha classificato l’eccessivo consumo di carni rosse all’ultimo posto fra i fattori alimentari di rischio di mortalità e perdita di vita utile”.

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