Una mail a La Conceria: “I materiali alternativi non sono green”

Una mail a La Conceria: “I materiali alternativi non sono green”

Lorenzo Romeo è il titolare di Romeo Giuliano 1991, azienda leader nella tintura di pelli per pellicceria. È figlio d’arte: a fondare l’impresa, e a trasmettergli la passione per il mestiere, è stato il padre Giuliano, che per 40 anni ha svolto la stessa professione. Per questo Lorenzo Romeo, leggendo delle incursioni di Stella McCartney al COP26 e delle (cicliche) polemiche degli antagonisti vegani, ci ha scritto una lettera che potremmo definire un pezzo di debunking. Un ragionamento articolato, ma semplice da seguire, che spiega perché i materiali alternativi a pelle e pellicce, checché ne dicano i promotori, non sono green. E perché la vera sostenibilità è quella dei prodotti di origine animale. Lo condividiamo con voi.

“I materiali alternativi non sono green”

Il mondo intero, da nord a sud, da ovest a est, attraversa un periodo che rimarrà nei libri di storia. Una pandemia, un’arma micidiale invisibile, è riuscita a fermare il mondo intero, ribaltandolo, rivoltandolo come un calzino. Il futuro ancora oggi non prevedibile: dove arriveremo? Nessuno ne ha la certezza, ahimè…

I lockdown hanno portato il nostro “ambiente” al centro dell’attenzione. Pandemie? Colpa degli allevamenti, colpa dei visoni, colpa di chi sfrutta l’animale per produrne “moda”. Siamo stati attaccati, denigrati, insultati. Ma per la prima volta siamo stati al centro di un dibattito che farà noi vincitori e loro vinti! La realtà dei fatti parla chiaro: un’economia circolare figlia di madre natura è soluzione a:

  • Riciclo della materia stessa
  • Biodegradabilità
  • Sostenibilità
  • Durata
  • Rifiuto residuo nullo

 

 

Fast fashion? No grazie…

Ultimamente Stella McCartney (ancora ci devono spiegare come abbia potuto presenziare a Cop26) ha calato l’asso: ha chiesto la rimozione dalla moda di ogni singolo materiale derivante dagli animali. Nel gioco delle carte l’asso ha valenza 11. Ma nella realtà visiva, concreta ed oggettiva “significa” 1…semplicemente 1: in poche parole “ha detto tutto e il contrario di tutto”.

La pubblicità di chi si oppone ai materiali animali è la circolarità. Ovvero, la sostenibilità di un prodotto che ad oggi non ha prodotto risultati a lungo termine. Non sorprendiamoci se tra qualche anno saranno l’opposto di ciò che millantano in questo momento. Raccontano una favola composta da introduzione (sostenibilità) e lieto fine (riciclo). Ma nascondono i capitoli di mezzo. Quali? Semplice: i processi chimici, fisici, umani, robotizzati. Insomma, tutti quei procedimenti che mettono in atto per trasformare un rifiuto in un nuovo prossimo rifiuto inquinante alla stessa maniera. Potrebbe sembrare una “supercazzola”, ma esemplificherò il tutto…

Dicono: “Recupero dal mare 12 bottiglie di plastica e ne faccio una t-shirt“… ok, ma come?

  • Quali mezzi ho usato per recarmi in mare a recuperare tutto ciò? Imbarcazioni a gasolio, di alta cilindrata in grado di inquinare moltissimo;
  • Quale processo chimico/fisico ho adoperato per far ritornare una bottiglia di plastica allo stato di materia prima?
  • Quali macchinari utilizzo, ma soprattutto a che temperature?
  • Ora, dopo aver già inquinato abbastanza, con la materia prima ottenuta come faccio a produrre t-shirt?
  • Macchinari tessili e tintorie specializzate in sintetico come lavorano? Che coloranti adoperano e a che temperature?
  • In quali Paesi verranno prodotti? (ce ne sono, specie a Oriente, dove la depurazione è pura utopia);
  • Ora ho il mio prodotto “riciclato”. Quando decido che non mi piace più, che faccio? Lo butto. Ed ecco qui che magicamente vado ad incrementare i volumi di rifiuti della moda.

Insomma, il cane che si morde la coda: non sono green

Veniamo al nostro settore:

  • Materia prima? Animale proveniente da allevamenti certificati e controllati. Diffidate da chi descrive questi ultimi come lager: ogni singolo capo deve godere di ottima vita per poter “consegnare” un prodotto perfetto. Non siamo macellai, abbiamo bisogno che pelle e pelo siano di ottima qualità;
  • Tracciamento del ciclo di concia che garantirà alla pelle (sia essa per pellicceria o futura nappa) vita eterna, al contrario dei nuovi materiali (presunti) bio-based;
  • Confezionamento completamente tracciato;
  • Prodotto biodegradabile, riciclabile, trasformabile, sostenibile;
  • Costoso per il consumatore? Sì. Dovrà esserlo perché godrà del vanto di “vedere” più generazioni;

In conclusione

Il futuro appartiene ai Millennials. Si tratta di una generazione che ha già dimostrato di strizzare l’occhio a pelle e pellicce. Sono i figli di chi, per diversificarsi, si è reinventat animalista, ma paradossalmente nemico dell’ambiente! Ciò che il futuro ci riserverà non possiamo saperlo, ma dobbiamo essere consapevoli dei mezzi che hanno permesso all’uomo di evolversi: i primi umani si cibarono e si vestirono con ciò che la natura aveva messo loro a disposizione: a voi le conclusioni!

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