Brexit, allarme dei costruttori auto: “Senza deal in fumo 110 mld”

Brexit, car manufacturers sound the alarm: “No deal to burn 110 billion euros”

L’allarme dei costruttori auto delle due sponde della manica è chiaro. Se si dovesse arrivare a una Brexit senza accordo tra i due partner, cioè la Gran Bretagna e l’Unione Europea, si perderebbero nei prossimi cinque anni 110 miliardi di euro di affari. Una spallata insopportabile per un settore che nel Vecchio Continente (isole incluse) rappresenta un posto di lavoro su quindici e che già viene, causa Coronavirus, da un periodo tribolato.

L’allarme dei costruttori

Sono 23 le associazioni di categoria, incluse la comunitaria ACEA, l’italiana ANFIA e la britannica SMMT, a firmare l’appello. Si scongiuri il No Deal, è l’estrema sintesi, perché alla fine del periodo di transizione mancano poco meno di 15 settimane: il tempo per negoziare c’è. “Senza un accordo, entro il 31 dicembre – è il contenuto della missiva, come riportata da Quattro Ruote – UE e UK sarebbero costrette a commerciare secondo le regole non preferenziali del WTO”. Cioè? “Con una tariffa del 10% sulle auto e fino al 22% su furgoni e camion. Tali tariffe – continua la lettera –, di gran lunga superiori ai margini ridotti della maggior parte dei produttori, ricadrebbero quasi certamente sui consumatori”. Il problema non sarebbe solo dei clienti: “I fornitori automobilistici e i loro prodotti saranno colpiti dalle tariffe – continuano i firmatari –. Ciò renderà la produzione più costosa o porterà a maggiori importazioni di componenti da altri Paesi più competitivi“.

 

 

Le ricadute sulle attività industriali

Arriverebbero, dunque, ricadute sulle attività industriali e sui volumi produttivi. “Il mancato accordo – continua la nota – comporterebbe l’aumento dei prezzi di vendita e il calo della domanda, con una stima di 3 milioni di veicoli in meno prodotti nei prossimi cinque anni”. L’interesse per un accordo di libero scambio è reciproco: il No Deal “costerebbe agli impianti europei 57,7 miliardi di euro – conclude –, mentre a quelli britannici circa 52,8 miliardi di euro”.

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