Dr. Martens restituirà i contributi statali: “Non ci servono”

Dr. Martens will give back the government aid received: “We don’t need it”

Dr. Martens restituirà i contributi statali previsti tra le misure a sostegno del lavoro durante la pandemia. Perché? Grazie all’online le vendite sono cresciute anche durante il lockdown. “Ci siamo assicurati di avere una liquidità significativa – ha detto il CEO Kenny Wilson – e di poter pagare tutti. Quando abbiamo visto che le vendite continuavano ad essere positive, abbiamo deciso che dovevamo restituire tutto”.

Un periodo positivo

Prima della pandemia, il marchio sembrava vicino ad un passaggio di mano tra l’attuale proprietario Permira e il fondo Carlyle. Non si sono avute più notizie delle trattative, se non quella di una performance molto positiva per il marchio britannico nell’esercizio chiuso il 31 marzo scorso. Dr. Martens ha registrato un aumento dei ricavi del 48% a 672,2 milioni di sterline, mentre l’utile operativo è salito del 110% a 142,5 milioni di sterline. Wilson ha affermato a PA Media che l’azienda ha raggiunto una “performance globale equilibrata: tutti i principali mercati hanno registrato una crescita dei ricavi a due cifre. Abbiamo consegnato un altro anno di crescita eccezionale guidata dalla nostra strategia, che mette al centro il consumatore finale e dal continuo investimento nel business”. Nella stessa intervista il CEO conferma di voler replicare, anche per l’esercizio in corso, un programma di 15-16 nuove aperture, così come accaduto l’esercizio scorso.

Dr. Martens restituirà i contributi statali

Dopo un anno di crescita, le vendite di Dr. Martens non si sono bloccate con la chiusura dei negozi. Le vendite online hanno più che compensato la chiusura dei negozi. Da aprile alla metà di agosto i ricavi sono cresciuti rispetto allo stesso periodo del 2019. Lo ha confermato Wilson all’agenzia di stampa PA. E secondo l’amministratore delegato è “moralmente giusto” restituire i fondi rivendicati dopo aver licenziato il personale nei suoi negozi e nel sito di produzione nel Regno Unito. La società ha richiesto i sussidi statali per coprire fino all’80% della cassa integrazione del personale tra marzo e giugno. (mv)

 

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