Decreto Pelle: divieti, sanzioni, unanimi consensi nel mondo

Decreto Pelle: divieti, sanzioni, unanimi consensi nel mondo
Il dado è tratto. Il Decreto Pelle è stato formalmente e definitivamente approvato dal Governo italiano lo scorso 28 maggio 2020. E la notizia del raggiungimento da parte di UNIC – Concerie Italiane di un traguardo, come ha detto il suo presidente, Gianni Russo “che ci rende particolarmente orgogliosi” ha raccolto unanimi consensi nel mondo. E lungo tutta la filiera della pelle. Ora, in attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, inizia a emergere una necessità. In altre parole, quella di capire, sinteticamente, dettagli, divieti, sanzioni e implicazioni della sua messa in atto. 

Unanimi consensi nel mondo

In Europa e nel mondo, il Decreto Pelle ha raccolto unanimi consensi sotto il profilo istituzionale, sia dal punto di vista mediatico. Il che dimostra quanto di una simile decisione ci fosse non solo bisogno, ma anche urgenza. E, come sottolineato da alcune altre associazioni conciarie nazionali, l’approvazione del Decreto Pelle in Italia assume particolare significato oggi, come se accendesse una luce “significativa” nel mezzo di una congiuntura stravolta dalla pandemia. A UNIC sono giunti unanimi consensi per l’azione svolta da Francia, Germania e UK. Ma anche da Portogallo, Cina, Taiwan, Turchia, solo per citarne alcuni. Come scrive Mike Redwood sul portale ILM, “congratuliamoci e celebriamo questa azione da parte dell’Italia. Spingiamo altre associazioni di categoria ad agire allo stesso modo”. Con un obiettivo non solo difensivo, ma che va nella direzione della maggiore trasparenza concorrenziale possibile. In altre parole, obbligando i competitor della pelle a descrivere i loro materiali per quello che sono, senza utilizzare in modo fuorviante una terminologia che non gli deve appartenere.

Dettagli terminologici

In attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ecco cosa, in estrema sintesi prevede il Decreto Pelle. Per esempio, definisce i materiali pelle/cuoio (ispirandosi alle norme comunitarie) “spoglie di animale che hanno conservato la loro struttura fibrosa originaria conciate in modo che non marciscano”. E definisce il pieno fiore come “materiale che mantiene la grana originaria quale si presenta quando l’epidermide è stata ritirata senza che nessuna pellicola di superficie sia stata eliminata da sfioratura, scarnatura, spaccatura”. Specifica che “il cuoio rivestito è prodotto in pelle/cuoio in cui lo strato di rivestimento o l’accoppiatura a colla sono superiori a 0,15 mm ma non superano 1/3 dello spessore”. E spiega che il rigenerato di fibre di cuoio è “un materiale con contenuto minimo del 50% in peso di fibre di pelle secca disintegrata meccanicamente/chimicamente e poi trasformata in fogli”.

Divieti e obblighi

Il Decreto “vieta l’immissione e la messa a disposizione sul mercato di prodotti e manufatti che, senza rispettare le definizioni di cui sopra, utilizzano i termini (anche in lingua diversa dall’italiano): cuoio, pelle, cuoio pieno fiore, cuoio rivestito, pelle rivestita, pelliccia e rigenerato di fibre di cuoio”. Il tutto, anche sotto forma di “aggettivi, sostantivi, suffissi e prefissi di altre parole”. Per esempio: cuoiame, pellame, ecopelle, wineleather, sinthetic leather e via dicendo (l’elenco potrebbe, purtroppo, essere chilometrico). Viene introdotto, poi, “l’obbligo di etichettatura per coloro che vogliono usare i termini predetti sui materiali o manufatti immessi sul mercato (fabbricante e importatore)”. L’etichetta o il contrassegno devono essere “durevoli, facilmente leggibili, visibili e accessibili”.

Sanzioni

L’accertamento delle violazioni è a carico di “Camere di Commercio, Agenzia delle Dogane se i prodotti sono immessi in libera pratica, e Guardia di Finanza nei casi di legge”. E le violazioni possono portare alle seguenti sanzioni
– assenza di etichetta o del contrassegno Fabbricante/Importatore: da 3.000 a 20.000 euro.
– non corretta etichettatura Fabbricante/Importatore: da 1.500 a 20.000 euro.
– messa a disposizione sul mercato di materiali privi di etichetta o contrassegno Distributore: da 700 a 3.500 euro.
– mancata conformità della composizione del prodotto Fabbricante/Importatore: da 3.000 a 20.000.
– mancata conformità della composizione del prodotto Distributore: da 700 a 3.500 euro.
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