La pelliccia, l’esotico: Mulberry, Brooks Brothers e la deriva veg

La pelliccia, l'esotico: Mulberry, Brooks Brothers e la deriva veg

Mulberry annuncia che non userà più pelli esotiche. Brooks Brothers fa altrettanto. La notizia potrebbe finire qui: due case di moda, rispettivamente britannica e statunitense (benché di proprietà italiana), estendono ai rettili e allo struzzo il novero dei materiali esclusi dalle loro collezioni. Ma se riassumessimo l’intera vicenda a questo, mancheremmo il punto fondamentale: la deriva veg della moda.

Il movimento tellurico

Sapete chi è corso a commentare la notizia, intestandosi la vittoria morale? PETA, l’associazione radical-veg che combatte (con quali strumenti, vabbé, lasciamo perdere) l’impiego di qualsiasi materiale animale nella moda, che sia lana, pelle o pelliccia. Proprio questo dà la misura del movimento tellurico in corso. Poche settimane fa il gruppo SMCP, quello che gestisce i marchi quali Sandro, Maje e Claudie Pierlot, ha sbandierato lo stesso annuncio: “Non useremo più pelli esotiche nelle nostre collezioni”. E poco importa che già prima ne impiegasse poca, o pochissima. Rimane che per il gruppo è stato prioritario comunicare un bando che li metta in buona luce di fronte a una certa fetta di opinione pubblica.

La deriva veg

Sia Mulberry che Brooks Brothers fanno delle pelli esotiche un uso (diciamo) appena sensibile, ma non certo identitario: nell’immagine potete vedere una borsa del primo brand (in realtà un vitello stampato) e un paio di guanti del secondo (in coccodrillo). Quello che spaventa, ora, non è tanto l’impatto industriale del duplice bando, ma il possibile effetto domino a livello mediatico. È un meccanismo che la filiera della pelliccia ben conosce: negli ultimi anni qualsiasi brand, quale che fosse il suo precedente impiego di pelli con pelo, è corso ad aggiungersi alla lista dei fur-free. Perché? Perché è diventato un must, specie dopo che Gucci ha rotto l’argine. Adesso lo stesso trend si comincia a riconoscere per le pelli esotiche. Dopo l’addio di Chanel, non c’è discorso di naturalista o conservazionista che tenga: l’exotic skin è nel mirino. È la legge del marketing: bisogna piacere alla gente che piace, anche se questa parla tanto di sostenibilità, ma (spesso) ne capisce poco.

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