Cronache dal Latino America. Dove l’Argentina vuole un Decreto Pelle. Una norma, cioè, che disciplini in sede commerciale l’uso dei termini come “cuero” e “piel” affinché non ne abusino maliziosamente i produttori di materiali alternativi. In Messico, intanto, la gestione della materia prima conciaria sta diventando un problema di pubblico interesse.
L’Argentina vuole un Decreto Pelle
Le premesse sono quelle che portarono in Italia all’approvazione del DL n. 68 del 9 giugno 2020, giornalisticamente definito Decreto Pelle. E che hanno spinto nel 2022 il Portogallo ad approvare una legge dai medesimi contenuti e nel 2024, per restare al caso più recente, lo stato di New York a intavolare una norma simile. Ora è il turno dell’Argentina, dove la Commissione Industria della Camera dei Deputati ha ricevuto i rappresentanti della concia nazionale per discutere di due norme che disciplinino l’uso commerciale dei termini della pelle. L’obiettivo, racconta la stampa locale, è tutelare il consumatore: etichette ingannevoli (quelle coi prefissi eco, bio, veg: le conosciamo) potrebbero indurlo a comprare prodotti aspettandosi caratteristiche che non hanno.
Problemi messicani
L’incendio che ha colpito lo stabilimento di un fornitore di ausiliari chimici in Messico si è trasformato in un problema di sanità pubblica. La disponibilità di sostanze come il solfuro di sodio (utile per la fase di calcinaio, una delle prime di lavorazione del materiale) è crollata e nei magazzini si accatastano moli di pelli grezze che minacciano di trasformarsi in focolai di infezione. L’associazione di riferimento APIMEX, riportano le cronache, chiede per questo ai governi federali e statale di intervenire in maniera urgente. Bisogna sbloccare una filiera al momento paralizzata.
Foto d’archivio
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