Il pasticcio Savar frena l’export del Bangladesh, lo sciopero dei trasporti blocca la pelle pakistana

Nei primi 9 mesi dell’anno fiscale 2016-2017 l’export bengalese di pelli è calato del 4,7% in valore, passando da un giro d’affari di 211 milioni di dollari dell’anno precedente agli attuali 201. Lo sostengono i dati dell’Agenzia per la Promozione dell’Export (Bangladesh Export Promotion Bureau), che individua la principale causa del rallentamento nella lentezza del processo di trasferimento delle concerie da Hazaribagh al nuovo complesso di Savar. “L’impatto negativo della chiusura del distretto di Hazaribagh sarà particolarmente visibile per i risultati del mese in corso – commenta con la stampa il presidente di BTA, l’associazione nazionale dei conciatori –. Il timore dei clienti di non vedere le forniture consegnate in tempo ci ha fatto perdere commesse per 12 miliardi di taka (circa 135 milioni di euro, ndr)”. Per sopperire ai problemi del sistema Paese, una conceria di Chittagong (la seconda città del Paese) si è messa in proprio, investendo 1 miliardo di taka (poco più di 11 milioni di euro) nella realizzazione di un impianto privato di trattamento delle acque. Se la concia bengalese è attraversata da tensioni, non se la cava meglio quella del vicino Pakistan. L’area pelle di Islamabad affronta le ripercussioni di uno sciopero a oltranza delle società di trasporti che sta paralizzando la logistica locale. Secondo l’associazione dei conciatori, mentre almeno 300 container pieni di materiali rimangono fermi, dai clienti già arrivano lettere di risoluzione dei contratti.

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