UNIC parla di pelle e presunte alternative in una live di Instagram

UNIC parla di pelle e presunte alternative in una live di Instagram

“Stamattina ero in un negozio a Londra e c’era un giubbotto con scritto vegan leather: sull’etichetta c’era scritto 100% sintetico”. Lo dice la presidente di Sustainable Fashion Innovation Society, Valeria Mangani all’inizio della live di Instagram durante la quale, ieri (20 ottobre 2022), ha ospitato Fulvia Bacchi, direttore generale UNIC – Concerie Italiane. Una live della durata di mezzora che potete rivedere cliccando qui.

UNIC parla di pelle e presunte alternative

La live di Instagram sul canale di SFIS ha rappresentato un’occasione utile dal punto divulgativo per la pelle italiana, la cui industria di riferimento, quella conciaria, “ha fatto da decenni della sostenibilità il suo dogma”, dice Bacchi. Divulgazione a tutto tondo, visto che la videochat tra Mangani e la DG di UNIC ha disegnato l’intero orizzonte green della conceria italiana. Dalla sua fondamentale matrice circolare alle modalità virtuose con cui le concerie gestiscono la loro impronta sostenibile.

 

 

Green e circolare a 360 gradi

Un’impronta che può essere sintetizzata utilizzando “tre concetti – spiega Bacchi -: ambientale, sociale, economico”. E che, nel modo in cui è stata presentata nella live di Instagram, si è mossa lungo gli stesse binari narrativi della mostra The Beauty of the Italian Tanning Industry, promossa da UNIC e che ha debutta all’interno dell’utltma edizione di Lineapelle (20/22 settembre).

Mistificazione e reati

Tornando all’idea di “leather alternatives” citate da Mangani, Bacchi ha sottolineato come la definizione “pelle vegana” sia “vietata da un decreto legge approvato nel 2020”. Ma ha anche ribadito come sia insostenibile l’idea che “i materiali alternativi alla pelle si raccontino e promuovano denigrandola – dice Bacchi -. Quello che dico è: non paragonatevi alla pelle, perché non avete le caratteristiche e le prestazioni e la durabilità”. E, soprattutto, questi materiali, per essere realizzati, utilizzano prodotti chimici e derivati plastici. Ci sono poi i materiali biobased, come quelli derivati dal micelio, “che rappresentano una nicchia e ancora devono dimostrare le loro qualità. Della pelle, invece – conclude Bacchi –, si conosce tutto”. Ma, probabilmente, mai abbastanza.

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