Lo dice Bloomberg: “I materiali alternativi non salvano animali”

Lo dice Bloomberg: “I materiali alternativi non salvano animali”

Vale la pena dare una letta all’analisi di Bloomberg sulla frontiera dei cosiddetti materiali per la moda di matrice vegetale. La testata concentra l’attenzione, nella macedonia di tessuti da arancia, vinaccia, mela (e chi più ne ha, più ne metta), sui progetti che puntano sul micelio. Cioè l’apparato vegetativo dei funghi. Perché, a suo dire, sono quelli che fin qui danno i risultati migliori. Ma dell’analisi di Bloomberg ci interessano soprattutto le conclusioni: i materiali alternativi non salvano animali. Già, perché nell’offrire al pubblico la panoramica completa della posta in palio, la testata economico e finanziaria non elude una incontrovertibile verità. Vegani e ambientalisti possono preferire i materiali alternativi alla pelle vera e propria per i più disparati motivi. Ma se così pensano di fare qualcosa per gli animali, sbagliano.

 

Le proporzioni

Dunque, sono le conclusioni, dicevamo, la parte più interessante dell’analisi di Bloomberg. Gavin McIntyre, cofondatore di Ecovative Design (una delle startup in questione), si trova a dover riconoscere la disparità di proporzioni tra i volumi produttivi che il tessuto a base fungina può raggiungere e gli attuali standard della filiera carne-pelle. Appena sarà pronta la prima fabbrica Evocative Design, questa potrà sfornare 3 milioni di piedi quadri l’anno di materiali alternativi. Tanto, poco? Nulla a confronto dei “31 miliardi di piedi quadrati di pelli – riconosce McIntyre – che ogni anno derivano dalla nostra abitudine di mangiare carne”. Già, perché le pelli che lavorano le concerie altro non sono che un sottoprodotto degli allevamenti.

Quindi no, non salvano animali

È Veronica Bates Kassatly, analista dell’industria della moda, a spiegare a Bloomberg chiaro e tondo perché, tra i motivi per i quali ricorrere ai materiali alternativi, certamente non c’è quello di incidere sui processi produttivi della zootecnia globale: “Nei soli Stati Uniti nel 2019 circa 5,5 milioni di pelli sono finite in discarica”, dice. Cioè i bottali non riescono ad assorbire tutta la pelle che risulta dalle attività di macellazione. Su queste premesse, si comprende perché l’unica conseguenza del diminuito impiego della pelle finita nella moda e nel design è l’aumento della quota di materia prima in discarica. L’unico vantaggio dei materiali di matrice vegetale, conclude Bates Kassatly, è che a differenza delle “faux leather” tradizionali non sono completamente plastici.

Foto da Shutterstock

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