Brexit, il no deal incombe: a Londra le aziende si difendono così

Brexit No Deal e le aziende inglesi

Come stanno affrontando le aziende britanniche lo spettro di una Brexit no deal? In molte si preparano all’impatto mettendo in primo piano il fattore valutario. Il timore maggiore (e molto concreto), riguarda, dunque, la necessità di parare i colpi di una ulteriore svalutazione della sterlina. Tre casi, raccontati da Footwear News, dimostrano come il problema sia particolarmente caldo.

La soluzione di Church’s
Per Anthony Romano, amministratore delegato di Church’s (marchio di proprietà Prada), la possibilità di avviare un magazzino operativo in Europa è una possibile soluzione per ovviare a Brexit. Romano spiega a Footwear News che, mentre il pellame proviene da concerie europee, la produzione è inglese. Il brand, infatti, possiede una fabbrica a Northampton e l’Europa rappresenta il 40% del suo business. Il manager, consapevole dell’impossibilità di “essere preparati al 100% a tutte le conseguenze di una Brexit no deal”, indica come potenziali soluzioni la copertura valutaria per la sterlina e lo spostamento del prodotto finito in Europa.

La flessibilità di Blahnik
Secondo diversi analisti, l’acquisto del calzaturificio Re Marcello di Vigevano da parte di Manolo Blahnik agevolerà il marchio inglese di lusso in caso di no deal. Il CEO Kristina Blahnik ha dichiarato che l’acquisizione garantirà “una maggiore flessibilità creativa e operativa per il futuro della nostra azienda”. Non ha citato chiaramente Brexit, ma la “flessibilità operativa” di cui parla fa pensare a una diversa gestione commerciale e doganale della produzione.

I dubbi di Rupert Sanderson
Al contrario di Church’s il brand calzaturiero Rupert Sanderson produce in Italia (a Tredozio, provincia di Forlì-Cesena) e da lì spedisce direttamente le sue collezioni. Secondo il direttore commerciale Andrew Stewart “essendo una società britannica registrata, non è ancora chiaro cosa dovremo fare in caso di Brexit senza accordo”. In particolare, se mercati esteri come Stati Uniti e Asia applicheranno dazi all’import. Secondo Stewart potrebbero esserci problemi anche in relazione alla libera movimentazione delle campionature in Europa. (mv)

Immagine Shutterstock

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