La diffida UNIC a Chiara Ferragni e l’arrivo del decreto Pelle

La diffida UNIC a Chiara Ferragni e l'arrivo del decreto Pelle

Dove prima campeggiava “pelle sintetica” (dicitura sbagliata), ora si legge “tessuto sintetico” (come si nota nella foto). Che è la definizione giusta. La diffida UNIC a Chiara Ferragni ottiene il risultato sperato. Il portale del brand della stilista descriveva, fino alla fine di settembre, la composizione di alcuni articoli con il termine “pelle sintetica”. Ma l’espressione, come hanno contestato i legali dell’associazione italiana della concia, è “decettiva”, cioè ingannevole. Lo indicavano già la legge 1112/66, il codice del Consumo del 2005 e la direttiva Europea 2005/29. Soprattutto, lo stabilisce il cosiddetto Decreto Pelle (D. Lgs. n. 68), pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 giugno scorso e in vigore dal prossimo 24 ottobre. I vertici di Chiara Ferragni Collection devono aver accolto l’indicazione. Le schede di prodotto online ora risultano corrette.

La diffida UNIC a Chiara Ferragni

La diffida UNIC, datata 2 ottobre, era indirizzata a Serendipity, la società che gestisce il marchio Chiara Ferragni, e Diana, società veneta di e-commerce. Nel testo l’associazione richiamava il brand all’uso corretto della terminologia. E per tre ragioni. Per il rispetto della normativa, vigente o prossima all’entrata in vigore, che bandisce l’uso di espressioni come “ecopelle” o “vegan leather” per materiali non di origine animale. In seconda battuta, per rispetto degli interessi e del lavoro delle concerie, che producono la pelle vera. Infine, per non danneggiare gli stessi consumatori, che sarebbero indotti a credere che un materiale plastico ha caratteristiche e qualità che, invece, non gli appartengono.

Il lavoro di UNIC

All’entrata in vigore del Decreto Pelle, tanto atteso dalla pelle italiana, manca ormai poco. UNIC, intanto, continua a vigilare affinché dei termini pelle e cuoio non si faccia abuso. Quello del brand Chiara Ferragni non è un caso isolato. Dallo scorso luglio ha già inviato sette diffide a enti fieristici, testate giornalistiche e market place. Tutte con lo stesso obiettivo: tutelare il prestigio della pelle ed evitare che sul mercato abbiano spazio pratiche commerciali sleali.

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