I fastidi grassi (e caldi) dei vegani, gli strascichi di COP26

I fastidi grassi (e caldi) dei vegani, gli strascichi di COP26

L’editoriale del numero 11 de La Conceria, ora in distribuzione, titola: “I fastidi grassi”. Perché solo nei Paesi più ricchi si può davvero credere che la svolta vegana sia possibile su scala mondiale. Che, cioè, miliardi di persone nei Paesi in via di sviluppo possano permettersi di escludere i prodotti animali dalla propria alimentazione e sostentarsi correttamente con i vegetali. Non basta: ora c’è chi argutamente osserva che questi sono anche “fastidi caldi”. In che senso? Ipotizziamo, ad esempio, che in Scozia (“primo mondo”, dunque) rinuncino ad allevare ovini e bovini. Che cosa ci si aspetta che coltivino in quelle pianure sub-artiche, che almeno si prestano a fare da pascolo? La battuta arriva da un’addetta ai lavori in seguito al vertice di Glasgow COP26. Mentre la rassegna stampa della settimana ci regala un aneddoto sull’oltranzismo vegano proprio dal Regno Unito, a proposito di COP26 si registra la delusione di Renzo Rosso, patron di OTB.

 

 

I consigli di lettura:

  • Dopo i fastidi grassi, dicevamo, è il turno di quelli caldi. È la ricercatrice Diana Rodgers, partendo dal paradosso scozzese, a sottolineare quanto sia irrealizzabile una svolta vegana globale: “Tutti i sostenitori di posizioni anti-carne dovrebbe capire quanto sia recente la dottrina vegana. Non solo: dovrebbero sapere anche quanto sia sconsiderato imporre questo diktat alle popolazioni indigene e quanto sia miope affermare che non mangiare carne sia una soluzione semplice ai problemi ambientali”;
  • Il Guardian racconta il divorzio tra Daniel Humm e il Claridge di Londra. Dopo la pandemia, lo chef stellato ha convertito il suo ristorante newyorchese in 100% veg e altrettanto voleva fare con quello dell’hotel britannico, di cui era responsabile. Secondo fonti giornalistiche, però, i vertici del Claridge temevano le conseguenze della scelta: “Trasformare il ristorante in vegano avrebbe respinto migliaia di ospiti abituali“. Dal momento che Humm non intendeva accettare compromessi sul menù, ha preferito lasciare l’incarico. Meglio disoccupato che pluralista;
  • Renzo Rosso, infine, si dice deluso dai risultati di COP26. Perché? I gruppi della moda si danno obiettivi nel breve termine (“Entro il 2030 saremo completamente decarbonizzati”). I governi mondiali, invece, rimandano al 2060, o 2080 (“è ridicolo, loro non ci saranno più”). Obiezione comprensibile. Ma forse varrebbe la pena far notare a Rosso che, altrettanto importante delle scadenze è il metodo. E che “fatto presto” non è necessariamente sinonimo di “fatto bene”.

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