“Lavorare nella moda non interessa ai giovani? Colpa dei brand”

“Lavorare nella moda non interessa ai giovani? Colpa dei brand”

Mancanza di personale? Fatica nel ricambio generazionale? Colpa dei brand, che pensano troppo al marchio e al prodotto e poco ad attrarre i giovani. Lo pensa Micaela Le Divelec Lemmi, per oltre tre anni fino allo scorso settembre CEO di Salvatore Ferragamo. La manager è intervenuta su LinkedIn in merito alle difficoltà di reclutamento incontrate persino da LVMH. Il gruppo del lusso più grande al mondo dispiega grandi risorse per i Métiers d’Excellence e i progetti di formazione e inserimento lavorativo. Ciononostante registra il record di posti vacanti: 2.000.

 

 

La questione lavoro

La mancanza di personale nei reparti produttivi sta assumendo i contorni di una vera emergenza. È sintomatico che a non trovare tagliatori o orlatrici non siano solo le PMI, ma anche giganti come LVMH. Quelli che avrebbe tutto e di più per affrontare e vincere la sfida. “Se ci proiettiamo fino al 2024, parliamo di 30.000 posizioni da ricoprire per garantire la continuità” ha detto Chantal Gaemperle, vicepresidente esecutivo per le risorse umane del gruppo. Alcune aziende marchigiane provano a risolvere il problema “importando” personale o dall’estero o dal Sud Italia. Mentre alcune figure professionali sono corteggiate come si faceva 30-40 anni fa, quando scoppiò il boom della calzatura. La situazione è destinata a peggiorare nei prossimi anni, anche a causa della demografia e del calo degli italiani in età lavorativa. Inoltre, ogni azione intrapresa oggi inizierebbe a dare i suoi effetti tra un paio di anni.

“Colpa dei brand”

In questo dibattito, segnaliamo l’intervento di Le Divelec Lemmi (in foto, d’archivio), manager esperta del lusso per i suoi trascorsi in Gucci e Ferragamo. Su Linkedin, proprio in merito alle difficoltà di reclutamento di LVMH, scrive: “Si tratta purtroppo di un problema che viene da lontano. Molto si è fatto e si fa in termini di marketing di prodotto e di brand. Troppo poco per fare innamorare le nuove generazioni di mestieri senza i quali non esisterebbe la collezione e non esisterebbe il brand. Sono necessari interventi rapidi da parte degli enti, ma anche dei brand e delle aziende che per essi lavorano, per raccontare ai ragazzi che escono dalla scuola che la professione di artigiano o di venditore o di orologiaio è una professione artistica. Per creare dei percorsi strutturati e per definire gli sviluppi di carriera con sistemi di rewarding! Il lusso si basa ancora e sempre sulla relazione umana, la tecnologia è e rimarrà uno strumento. Quali azioni si possono intraprendere al più presto?” (mv)

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