I tre fattori che tengono a galla il terzo trimestre di Richemont

I tre fattori che tengono a galla il terzo trimestre di Richemont

Le vendite della divisione gioielleria, quelle in Cina e il canale digitale. Sono i tre fattori che consentono a Richemont di archiviare un terzo trimestre (ottobre-dicembre 2020) in terreno positivo. Il fatturato di 4,186 miliardi di euro è superiore dell’1% a cambi attuali (del 5% a cambi costanti) rispetto all’analogo periodo di un anno fa. La divisione “Other”, che comprende i marchi di moda, si ferma a 436 milioni di euro: vuol dire -16% a cambi attuali e -13% a cambi costanti.

I tre fattori

Il gigante svizzero, per il quale si ventila l’ipotesi di merger con Kering, ha battuto le stime degli analisti di FactSet, ferme a 4,01 miliardi di euro di vendite. Particolarmente robusta è la crescita dell’area Asia-Pacifico (+25% a cambi costanti), dove ha brillato la Cina (+80%). Il mercato peggiore è quello europeo (-20%), penalizzato dalle restrizioni imposte dalla pandemia. Le vendite retail sono in area positiva, mentre l’online è in crescita del 17%.

Ma la moda non rende

Il segmento della gioielleria, che vale oltre il 56% del fatturato di Richemont, nel periodo conosce il +14%. La divisione “Other”, che pesa poco più del 10% sui ricavi totali, ha perso il 13%. Nella nota finanziaria, Richemont cita il marchio Peter Millar come l’unico in crescita. Il gruppo svizzero ha chiuso i primi nove mesi dell’esercizio 2020-2021 (aprile-dicembre) con un calo del fatturato del 16% a cambi attuali e del 14% a cambi costanti. Il risultato è in netto miglioramento rispetto al -26% dei primi sei mesi mesi dell’esercizio. (mv)

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