Il boom di Bottega Veneta, Daniel Lee e il lusso sui social

Il boom di Bottega Veneta, Daniel Lee e il lusso sui social

Bisogna tenere d’occhio Daniel Lee. Bisogna studiare il suo stile, come vi invitiamo a fare su La Conceria n. 2. Perché il direttore creativo è il protagonista del boom di Bottega Veneta, griffe in grado di crescere anche nel terribile 2020 del Covid. E perché la sua visione non è solo stilistica, ma a tutto tondo. Il recente addio ai social della griffe del gruppo Kering può apparire un vezzo, un passo da marketing controintuitivo. Invece fa parte di un’idea più precisa e profonda di quale sia il ruolo del lusso ai tempi dei social.

Il boom di Bottega Veneta

The quiet radical”. È così che si può etichettare Daniel Lee, se proprio serve un’etichetta per definirlo. Alla guida di Bottega Veneta dal 2018, il designer ha conosciuto la prima consacrazione il 2 dicembre 2019, quando è stato nominato nell’ambito dei Fashion Award del British Fashion Council “Designer of the Year, Accessories Designer of the Year e British Designer of the Year Womenswear”. Nella stessa sede, Bottega Veneta “si aggiudica il riconoscimento come Brand of the Year”. “Un vero trionfo – chiosa La Conceria –, a maggior ragione significativo considerato che fino a prima della nomina di Lee, Bottega Veneta viaggiava a marce ridottissime, in cerca di uno splendore che pareva non saper dove andare a recuperare”.

I social

“A inizio 2021 la maison di casa Kering – si legge ancora sul numero de La Conceria dedicata a Daniel Leeha azzerato i suoi profili Instagram, Twitter e Facebook. Così. Di colpo. Senza dire nulla. Zero”. Una scelta che di certo non si può definire banale, quando i big brand si contendono anche e soprattutto sui social l’attenzione del pubblico, specie più giovane. C’è da attendersi che l’alto di gamma scappi dal web? Niente affatto. Al contrario gli investimenti si moltiplicano: si sgomita per arrivare agli occhi di Millenials e Gen Z, specie cinesi. Ma lo stile di Daniel segna certamente un precedente.

La discussione

La discussione, d’altronde, è aperta. “I social hanno reso troppo accessibile la moda che dovrebbe invece continuare a comunicare una porzione di sogno, una desiderabilità che la trasformi in un premio nel momento in cui la si raggiunge attraverso l’acquisto – osserva con il quotidiano Domani Paolo Landi, autore di Instagram al Tramonto –. Comprare con un click, pagando con PayPal, rende tutto meccanico e troppo rapido”. Le griffe devono saper riportare nel digitale la propria eccezionalità. “I social non sono per loro natura esclusivi – continua Giovanni Faccioli, fashion & luxury market leader di Deloitte Italia –. Solo i contenuti lo possono essere ed è proprio sui contenuti che i marchi del lusso si differenziano dal resto del mondo fashion, puntando sulla creazione di esperienze uniche”. Lee ha dimostrato come la pensa.

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