Se a Bottega Veneta non servono 270.000 follower in Cina

Se a Bottega Veneta non servono 270.000 follower in Cina

Il blackout su Facebook, Twitter e Instagram per Daniel Lee, evidentemente, non era abbastanza. Lo stilista non si è accontentato di calare il sipario sugli account che lo collegavano a oltre 2,5 milioni di utenti nel mondo. A suo modo di vedere a Bottega Veneta non servono neanche 270.000 follower in Cina. Già, perché la griffe del gruppo Kering ha chiuso anche il suo profilo su Weibo, il social network che, riporta la stampa, usa il 30% dei cinesi dotati di collegamento a internet.

A Bottega Veneta non servono

È l’ennesima affermazione dello stile di Daniel Lee. Che, come vi raccontiamo su La Conceria n. 2, sta lavorando a una diversa definizione di lusso: i risultati di vendita di Bottega Veneta ringraziano. Ma non è solo una questione commerciale, sebbene certamente ai piani alti di Kering apprezzino che, mentre si sgonfia la bolla Gucci, ci sia un altro marchio col vento in poppa. Il designer britannico, dicevamo, sta anche rivedendo il posizionamento di Bottega Veneta. E, pur nella società della comunicazione di massa dove tutti sgomitano per un briciolo di attenzione, ha deciso che la sua strategia passa dal silenzio.

Fin qui, un successo

Niente social, dunque. Neanche nella munifica Cina, che già trainava gli affari del lusso e ancor di più lo fa nel mondo alle prese con la pandemia. Fin qui, la strategia ha dato ragione a Lee. Lo riconoscono gli osservatori. Lo ha ammesso lo stesso François-Henri Pinault. Sottrarsi al dibattito è un modo per fare in modo che si parli di sé e sui canali social, testimonia il CEO di Kering, da due mesi a questa parte di Bottega Veneta si parla. Vediamo se la mossa funziona anche nella Repubblica Popolare.

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