Crisi ucraina: la grande incognita russa spiegata da Inalca

Crisi bellica: la grande incognita russa spiegata da Inalca

Inalca, colosso italiano della filiera della carne (appartenente al Gruppo Cremonini), deve affrontare sulla sua pelle la crisi militare in corso. In Russia, infatti, la società dispone di una propria divisione. Se, da un lato, la produzione non sta rappresentando un problema, in quanto lo stabilimento russo lavora solo con il mercato interno, dall’altro preoccupa la svalutazione del rublo. Questo è il problema di oggi, ma domani? Una grande incognita.

 

 

La grande incognita russa

“In Russia tutte le nostre attività produttive e distributive si svolgono all’interno del mercato locale” spiega Luigi Scordamaglia, CEO di Inalca, a Il Sole 24 Ore. Secondo il quotidiano finanziario, la società di lavorazione della carne genera il 9% del fatturato (in totale: 2,4 miliardi di euro) a Mosca. Tutto ciò che viene lavorato arriva da aziende locali e tutto ciò che viene prodotto finisce nel mercato russo. Quindi, da questo punto di vista, il conflitto non sta determinando grandi sconvolgimenti. Ma, come evidenzia lo stesso Scordamaglia, “la situazione potrebbe cambiare in ogni momento qualora venissero adottate ulteriori controsanzioni da parte russa”.

La sofferenza del rublo

“Le attività di acquisto, vendita e finanziamento sono realizzate in rubli – riprende il manager -. Oggi la nostra attenzione massima è legata alle dinamiche dei cambi. Le quali stanno portando a una forte pressione inflazionistica, conseguenza della svalutazione del rublo, e ad eventuali restrizioni di liquidità”. In altre parole: il problema è la moneta. Secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, la svalutazione del rublo cresce “di giorno in giorno” e i tassi di interesse sono aumentati del 20% in una settimana. C’è chi non riesce più a fare la spesa, mentre le grandi aziende fuggono.

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