All’assurda questione sulla pelle di Miomojo risponde Patagonia

All'assurda questione sulla pelle di Miomojo risponde Patagonia

Un botta e risposta indiretto, involontario, ma non per questo meno o poco significativo. Dalle colonne virtuali di Fashion United Claudia Pievani di Miomojo, brand lombardo di moda vegana, pone una assurda questione sulla pelle: “Non ci sono più scuse per usarla”. E perché? Semplicemente perché sul mercato c’è grande offerta di materiali alternativi, prodotti da cactus, vinaccia ed altre matrici ancora. Ecco, l’affermazione per noi è assurda, l’abbiamo già detto, nonché semplicistica. Alla provocazione risponde Patagonia, un brand che, in fatto di sostenibilità, non può essere accusato si essere superficiale.

Buongiorno mondo

È GQ a raccontare l’iniziativa di Patagonia. Il marchio, per farla breve, si è impegnato ad utilizzare le pelli dei bufali che un partner statunitense alleva in Sud Dakota per la loro carne. Il frutto della collaborazione è, dal lato pratico, un modello di scarponcini outdoor, mentre da quello valoriale, ne nasce “una calzatura che può aiutare a salvare il pianeta”. Già, perché finora le pelli dei bovini macellati finivano interrate, cioè sprecate. L’approccio sostenibile di cui Patagonia va molto fiero sta, dunque, nel recuperare uno scarto e trasformarlo in un prodotto di qualità.

L’assurda questione sulla pelle

Tornando alle parole di Pievani, le si potrebbe rispondere in molti modi. Perché usare le pelli? Perché c’è una manifattura di assoluto spessore che le lavora, perché c’è un savoir faire da tutelare, perché rappresentano un’eccellenza del made in Italy. Ma sarebbero considerati argomenti venali e di parte. La risposta migliore, soprattutto per chi ci tiene alla green economy, è quella di Patagonia: perché la concia è circolare e amica dell’ambiente. Il riutilizzo della pelle di bufalo non è un’eccezione, è la norma. I bottali raccolgono da sempre e in tutto il mondo un sottoprodotto dell’industria zootecnica, altrimenti destinato alla discarica. È questa “la scusa” che cerca Pievani. Le pelli grezze già ci sono, perché il business del food corre su un binario scollegato da quello della moda: sta a noi decidere se distruggerle o farne un nuovo uso. La concia ha scelto la seconda opzione.

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