I protagonisti di Mipel Lab: la tempesta perfetta di Braccialini

I protagonisti di Mipel Lab: la tempesta perfetta di Braccialini

“È in atto la tempesta perfetta per favorire il reshoring”. Lo afferma Riccardo Braccialini, CEO di Pelletteria Fiorentina Montecristo. L’azienda ha sede a Calenzano (Firenze) e collabora con i brand internazionali ai quali offre il servizio completo dallo sviluppo dei campionari alla realizzazione del prodotto finito. Per Braccialini, past president di Assopellettieri (ex Aimpes) “sarebbe stata una follia non pensare ad una iniziativa come Mipel Lab”.

La tempesta perfetta

Qual è la situazione del mercato?
In generale c’è una discreta ripresa. Che, però, non arriva a tutti. Descriverei la situazione a macchia di leopardo, con aziende che vanno bene e altre, invece, che faticano a mettersi al passo.

Chi sono coloro che beneficiano della ripresa?
Sono gli imprenditori bravi e fortunati. Quelli che hanno investito nei settori cresciuti con la pandemia, come l’online, e che ora si trovano meglio attrezzati per affrontare il momento.

E quali sono le prospettive?
Buone. Manca ancora all’appello lo shopping turistico, ma la voglia di spendere in prodotti di qualità, e quindi fatti in Italia, c’è. La peculiarità è che vanno bene i tre mercati dove in assoluto è più difficile operare. Quali? Cina, USA e online. Mercati che vanno approcciati con adeguate risorse finanziarie.

 

 

In questo contesto, quel è l’importanza di Mipel Lab?
Quando ero presidente di Assopellettieri avevo provato ad allestire un’iniziativa simile. I tempi, però, non erano maturi e, si sa, noi italiani facciamo fatica a fare squadra. La pandemia ci ha insegnato che insieme si può. La filiera produttiva completa, che comprende anche concerie e produttori di macchinari, l’abbiamo solo noi e la Cina. E se i grandi marchi si sono organizzati (per produrre in Italia), ce ne sono moltissimi piccoli e medi per i quali non è facile trovare il produttore giusto.

Tra noi e la Cina c’è la differenza della qualità e dei costi…
Vero, ma in questi anni il gap dei costi si è ridotto. Se consideriamo la forbice dei costi che si è ridotta, la qualità del prodotto, la sua sostenibilità, i costi di spedizione, che ora sono notevolmente aumentati, i tempi di consegna, che sono incerti, e tutti gli altri oneri accessori per controllare una produzione asiatica, probabilmente non conviene più il made in China. Almeno per volumi di produzione non grandissimi. Siamo nella tempesta perfetta per il reshoring.

Dunque Mipel Lab arriva al momento giusto?
Sì. Si è concretizzata un’idea vincente. Inoltre, con Lineapelle, il brand visitatore ha il pacchetto completo, dalla materia prima al produttore. Non fare Mipel Lab sarebbe una follia. Dobbiamo mantenere il vantaggio competitivo che abbiamo.

Quali sono i punti di forza e di debolezza della produzione italiana?
La poca aggregazione è sicuramente una debolezza. Ma ora siamo più consapevoli che c’è un grande mercato da poter conquistare, con un consumatore che cerca qualcosa di diverso, di maggiore qualità e che noi italiani possiamo offrire. E questo è un moltiplicatore di energie.

Stiamo attraversando un momento in cui bisogna crederci…
Sì. È tempo di investire. (mv)

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