Valeria Zingaretti è in finale al DAB con la sua borsa Arcobaleno

Valeria Zingaretti è in finale al DAB con la sua borsa Arcobaleno

La borsa Arcobaleno di Valeria Zingaretti è una delle tre finaliste del concorso internazionale DAB (Design-A-Bag Competition). La giuria proclamerà il vincitore durante la prossima edizione di All China Leather Exhibition (Shanghai, 31 agosto – 2 settembre). “Amo la pelle, il suo odore e la sensazione al tatto. Dà qualità e durabilità. E, soprattutto, così inquino meno”, ci dice la designer 32enne residente a Jesi, nelle Marche.

Come è nata l’idea della borsa Arcobaleno?
Durante il lockdown, prendendo ispirazione dai balconi che gli italiani avevano adornato con disegni e striscioni. L’avevo già pensata e realizzata quando ho deciso di partecipare al concorso. L’idea era inerente al tema scelto dagli organizzatori e ho inviato la mia candidatura.

Ora aspetti il verdetto finale…
Sì. Gli altri due designer in lizza per il premio sono della Corea del Sud e della Colombia. Sono contentissima, una grande soddisfazione.

Come è realizzata la borsa?
Completamente a mano da me. Ho messo insieme pellami italiani di scarto provenienti dai miei precedenti lavori.

Quindi è una borsa che incarna a pieno il principio dell’upcycling?
Esatto. Ed è in pelle, che considero un materiale amico dell’ambiente. Perché? Conferisce durabilità al prodotto e quindi riduce l’impatto ambientale.

 

 

Sei una amante della pelle?
Sì. Me ne sono innamorata durante la mia prima esperienza lavorativa. Non ho resistito al suo fascino, al suo odore, alla sensazione che ti dà quando la tocchi. E poi mi piace il fatto che lo stesso prodotto assuma un aspetto diverso a seconda del pellame con cui viene realizzato. Il materiale determina la forma e viceversa.

Arcobaleno non è la prima borsa che realizzi…
No. Per esempio nel 2014 ho realizzato la borsa Una, sempre con pellami di recupero. Con Una ho vinto ad un concorso indetto dall’Unione Stilisti Marche. Ho ricevuto premi con lo zaino Ladybag e la borsa Litterae, ispirata alla Divina Commedia, entrambi in pelle, ma non di recupero.

Come sei arrivata alla pelletteria?
Ho studiato product design all’Isia di Firenze. La mia prima esperienza di lavoro è stata Roma, in un ufficio stile dove mi occupavo di interior design di elicotteri. Da qui l’amore per la pelle. So cucire e collaboro con aziende per la fase di industrializzazione di prodotto, perché spesso manca il collegamento tra chi disegna e chi materialmente realizza l’oggetto. (mv)

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