“Così Scarpamondo si è rivelata un business a prova di pandemia”

“Così Scarpamondo si è rivelata un business a prova di pandemia”

Scarpamondo si è rivelata a prova di pandemia. L’azienda non solo ha accelerato il processo di crescita. Ma si prepara a mettersi definitivamente alle spalle il Covid. Dal quartiere generale di Viterbo affrontano la sfida dell’online migliorando servizi e esperienza di acquisto. Oltre ad una rimodulazione dell’offerta verso modelli casual e sportivi. Gianluca Pietrini, direttore operation di Scarpamondo (nella foto), ci svela il presente e il futuro dell’insegna. Che vanta 100 milioni di fatturato, impiega 450 addetti vende in prevalenza calzature (ma non solo) nei suoi 44 punti vendita (di cui l’ultimo aperto un mese fa).

A prova di pandemia

Qual era l’andamento dell’azienda prima della pandemia?
Osservavamo una crescita di circa il 3% anno su anno a parità di perimetro. Una crescita contenuta ma sostenibile, mediamente maggiore della media del mercato di riferimento.

Qual è stato l’effetto del Covid?
Le chiusure dei punti vendita hanno impattato in maniera significativa sul fatturato. Siamo stati costretti a ripianificare il budget, ma abbiamo messo in campo flessibilità e determinazione per garantire la migliore offerta al momento della ripartenza.

Con quali strategie avete affrontato questo periodo?
Negli ultimi tre anni avevamo già avviato un progetto strategico di medio-lungo periodo orientato alla crescita. Tra i suoi pilastri c’è la differenziazione della proposta rispetto al contesto competitivo. Abbiamo rimodulato il mix merceologico e incrementato gli investimenti in comunicazione digital, così da mantenere vivo e accrescere il contatto con i nostri clienti.

 

 

Qual è la situazione oggi?
Il flusso nei negozi è positivo e siamo tornati ai livelli del 2019. Inoltre, c’è un alto tasso di conversione: la gente entra per comprare.

E cosa compra?
La sneaker è sempre prevalente, così come modelli in cui c’è una forte componente di tecnologia e innovazione. A livello stilistico, per la donna, i modelli con tacco basso o medio sono in risalita. Il modello barca per gli uomini.

Quali sono ora le prospettive?
Potrò essere più preciso dopo dicembre. Siamo comunque orientati verso la crescita.

A maggio avete aperto un punto vendita, mentre alcuni competitor sono andati in difficoltà…
Abbiamo aperture studiate con attenzione, sia per target che potenzialità dei territori. Avere una distribuzione concentrata e qualitativamente performante ci ha permesso di limitare l’impatto delle chiusure imposte dalla pandemia.

Come affrontate la grande sfida del digitale?
Siamo impegnati in una trasformazione che ci permetta di avere una visione del consumatore a 360 gradi. La pandemia ha rallentato il rapporto tra i negozi fisici e il pubblico. Per questo puntiamo sulla comunicazione per aumentare le nostre brand awareness e visibilità. Vogliamo aumentare i servizi (anche attraverso il digitale) e migliorare l’esperienza di acquisto (con attenzione su location, layout, formazione del personale, ecc.). Infine, stiamo esplorando l’opportunità di aprire il canale e-commerce. Prevede notevoli investimenti e cambiamenti nella gestione, a partire dalla logistica. Ma l’e-commerce sarebbe solo un elemento della transizione digitale.

State rivedendo l’offerta: meno tacchi e più casual/sneaker?
Il nostro focus è rivolto alle esigenze dei consumatori e alle nuove tendenze del mercato. Questo si traduce in ricerca, qualità dei materiali, utilizzo di processi ecosostenibili e di tecnologie a basso impatto ambientale. In questo la scelta dei fornitori/partner è un caposaldo del processo di selezione. È ovvio poi che in questo momento storico i consumatori sono più orientati verso prodotti maggiormente casual o sportivi. (mv)

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