Paris Fashion Week tra il giardino di Dior e gli hippy di YSL

Le sfilate di Dior e YSL a Parigi

La Fashion Week di Parigi ieri ha acceso i riflettori sulle sfilate di Dior e Saint Laurent. Oggi è la volta di Lanvin, Maison Margiela, Dries Van Noten e Rochas. Tornando ai primi due. Maria Grazia Chiuri per Dior ha limitato l’utilizzo di pelle solo a scarpe e accessori. Invece il direttore creativo di YSL, Anthony Vaccarello, ha proposto lo spirito bohémien degli anni ’70 con molto uso di pelle lucida e stampa rettile.

Saint Laurent
Come quelle di Fendi e Alberta Ferretti a Milano, anche la collezione estiva 2020 di Saint Laurent si è ispirata alla hippie generation. Shorts e pantaloni in pelle nera (nell’immagine, tratta dall’account Facebook della griffe). Abiti e jumpsuit in pellami lucidi e riflettenti. In testa tornano i turbanti. A stringere gli abiti in vita ci sono cinture in pelle pitonata. Si conferma il trend degli stivali alti anche per la stagione estiva, proposti in stile “cavallerizza” e in pelle marrone. Ma si sono visti anche in camoscio verde petrolio.

Christian Dior
Maria Grazia Chiuri ha proposto un richiamo alla natura. È ha stupito costruendo una specie di “giardino inclusivo” come set per la sfilata. Un allestimento interamente riciclabile, privo di plastica e caratterizzato da 164 alberi che dopo lo spettacolo troveranno posto a Parigi e dintorni. Spicca (negativamente) il limitato utilizzo della pelle. “La maggior parte delle borse e delle scarpe sono realizzate in tela ricamata con una tecnica speciale da noi ideata – ha spiegato Chiuri a Vogue -. Le scarpe sono piatte, ispirate alle espadrillas o agli stivali da giardinaggio”. Gli abiti sono in rafia intrecciata, le camicie in seta, i tessuti ricamati con fiori e trame in chiaro scuro. E la pelle? La troviamo negli anfibi in pelle traforata sia bianchi che neri.

Marine Serre
Tra gli emergenti, PFW ha dato spazio a Marine Serre (27 anni, vincitrice del Premio LVMH per giovani stilisti nel 2018). La stilista francese ha dedicato il 50% della sua collezione all’upcycling. “Abbiamo circa 35 persone che lavorano full-time. Il team più numeroso si occupa dello sviluppo e della produzione di capi upcycle“, ha spiegato Serre a Vogue. “Il processo di upcycling richiede molte persone, tempo e spazio». Ecco, allora, il pullover realizzato con asciugamani recuperati. E, abbinato, un paio di pantaloni confezionato con scarti di pelle. Segni particolari, spiegati dalla stilista: “Li ho ricoperti con una stampa effetto tappezzeria del logo a mezzaluna utilizzando una tecnica UV per creare un effetto goffrato”.

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