Certificare l’Ecopelle, quella vera: ICEC spiega come e perché

Certificare l’Ecopelle, quella vera: ICEC spiega come e perché

La norma su cui si basa è la UNI 11427. Il suo obiettivo è “la certificazione di prodotto dei cuoi a ridotto impatto ambientale”. In sintesi, stiamo parlando dell’Ecopelle: quella vera. Non quella millantata a termini di marketing da troppi materiali (presunti) alternativi. Una certificazione che permette a una conceria di fregiarsi del logo Ecopelle e che viene rilasciata da ICEC. E proprio l’Istituto di Certificazione della Qualità per l’Industria Conciaria ci spiega come e perché questa attestazione stia raccogliendo sempre più interesse.

Interesse crescente

Titolari del certificato Ecopelle, oggi, sono la conceria veneta Faeda; i cuoifici toscani Gi-Elle-Emme, CMC International e Bisonte; la solofrana Only Frank. L’elenco, però, è particolarmente fluido. ICEC, infatti, segnala come alcune altre concerie abbiamo avviato l’iter di certificazione e altre siano prossime a farlo. Del resto, spiega Sabrina Frontini, direttore ICEC, “questa norma è attualmente molto richiesta da alcune griffe del lusso, poiché chiedono alle concerie di acquistare prodotti di cui l’impatto ambientale sia controllato secondo i parametri in essa contenuti.”

ICEC spiega come e perché

Nel dettaglio, il “bollino” Ecopelle “permette di comunicare al proprio cliente – spiega ICEC – i requisiti minimi di prodotto e processo, previsti dallo standard per poter chiamare il vero cuoio ecologico, ecopelle o con termini simili. Questa certificazione è applicabile a ogni tipologia di pelle finita e per ogni destinazione d’uso”. E deriva da una valutazione estesa di una pelle. In altre parole, sottolinea ICEC, “la sua produzione si intende valutata a partire da pelle grezza dall’inizio del processo produttivo conciario fino al finito, pronto alla spedizione per l’utilizzo nell’industria manifatturiera”.

Fase di upgrading

La norma su cui si basa Ecopelle vive, anche, una fase di upgrading. “La versione attuale risale al 2015 – conclude ICEC -. Se ne sta facendo una revisione in sede UNI, tenendo conto di eventuali aggiornamenti”. Per esempio, in relazione ai “limiti conseguenti all’introduzione di nuove tipologie di concia alternativa”.

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