La sfida green della moda e della pelle alla Fashion Tech Week

La sfida green della moda e della pelle alla Fashion Tech Week

I materiali, come la pelle (e non solo). I brand, come Vivienne Westwood. I mercati, come la Cina. La sfida green della moda inaugura Pow Wow – Fashion Tech Week, manifestazione digitale (18-20 maggio) organizzata con il patrocinio del Comune di Milano. Si apre con un tavolo sulla transizione verso l’economia circolare moderato da Elisa Serafini e Nicola Camurri di FEI (Forum Economia Innovazione).

La sfida green della moda

Si è parlato di pelle, dicevamo. Fabiana Orlandi di UNIC – Concerie Italiane (associazione aderente a Confindustria Moda) ha illustrato il valore green del materiale (“Naturale, rinnovabile, nonché di recupero, trattandosi dello scarto dell’industria alimentare”) e della filiera italiana. “Dal 2019 abbiamo fatto nostri gli obiettivi dell’ONU, da quest’anno quelli del Green New Deal dell’Unione Europea – sono le sue parole –. L’industria italiana opera nell’indirizzo della sostenibilità ambientale e sociale, tenendo presente il tema della prosperity, cioè della competitività economica”. La pelle si inserisce perfettamente nel modello di circolarità, “non solo perché trasforma lo scarto della filiera zootecnica nella materia prima utile ad altri settori – chiarisce Orlandi –, ma anche perché gli scarti stessi della concia si offrono per essere recuperati in nuove lavorazioni”.

 

 

I brand e i modelli virtuosi

“Da circa 7 anni il brand ha deciso di passare dal modello delle licenze al controllo diretto delle produzioni – illustra Isabella Tonelli di Vivienne Westwood –. Ora la testa stilistica e creativa del marchio è nel Regno Unito, ma la supply chain è in Italia. Ci siamo resi conto che è l’unico modo per avere un dialogo con i fornitori e accompagnarli nel processo di trasformazione sostenibile, fatto di policies e regolamenti, cui siamo noi stessi impegnati”. L’arena digitale di Pow Wow è stata occasione per parlare anche delle sostenibilità del packaging con Roberto Colucci di Brandart, di quella del settore tessile con Alberto Mondi di Tondo e della sensibilità del mercato cinese con Gianvito D’Onghia di Creative Capital. Perché l’innovazione sostenibile, tira le fila Camurri, è una sfida che necessità di una visione olistica e non di scorciatoie all’insegna del greenwashing.

EDIT di Yamamay

Nel corso del talk, Gaia Trovò, Sustainability & CSR Legal Advisor di Yamamay, ha presentato “EDIT, Eco-Designed Innovative Textile”. Si tratta del progetto di costumi da bagno mono-polimero, 100% riciclato e 100% riciclabile. “Il filato è ricavato da plastica recuperata dagli oceani – sono le sue parole –. L’intero progetto, dall’approvvigionamento delle materie prime seconde alla creazione della stampa che adorna il tessuto, è nasce grazie alla collaborazione con primarie aziende del settore ed eccellenti istituti di formazione del territorio. Abbiamo creato un network di condivisione e sostenibilità”. Per Yamamay, che collabora con One Ocean Foundation alla corretta divulgazione della Ocean Literacy e alla crescita dell’economia blu, “Edit è un esempio virtuoso di sviluppo prodotto e di open innovation – conclude Trovò –, nel pieno rispetto dei principi dell’eco-design, che si prefigge un impatto migliorativo sull’ambiente”.

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