Moda sostenibile, si può: il tavolo FEI per proporre soluzioni

Lara Magoni durante il convegno FEI

Sostenibilità, circolarità. Per l’industria della moda sono allo stesso tempo parole d’ordine e feticci: fronti sui quali, a seconda degli interpreti, intervenire fattivamente, oppure piani inclinati dove le strategie di comunicazione prendono il sopravvento sulla responsabilità. Se n’è discusso ieri a Milano durante l’incontro organizzato sul tema da Forum Economia Innovazione: un pomeriggio dove si sono raccontate le esperienze di chi nella fashion industry ci lavora e dove è stata annunciata l’istituzione di un tavolo permanente sulla Moda per raccogliere, e rilanciare, le proposte per il settore.

Visione trasversale
Discutere di circolarità, innanzitutto, per la moda significa affrontare quello che sarà un certo driver di sviluppo del settore. Lo ha spiegato Francesca Rinaldi, docente di Fashion Management presso l’università Bocconi e autrice del saggio Fashion Industry 2030: “La moda circolare è l’unica soluzione praticabile. Le aziende saranno responsabili di tutta la vita del prodotto, fino al suo smaltimento, non potranno più sentirsene sollevate dopo la distribuzione e vendita”. La sostenibilità della moda passa anche dall’efficacia (e dalla credibilità) del suo racconto: “I brand al proprio pubblico devono dire solo la verità – sono le parole di Alessandro Capelli, communication strategist della società di consulenza Altavia –, non è più tempo per il green washing. Non bastano, però, gli slogan, servono politiche di credibilità estese”.

Frontiere e risultati
Chi opera nel settore può già raccontare le frontiere da esplorare e i risultati ottenuti. È il caso di Daniela Della Rosa, avvocato della moda e direttore di DDR Lawfirm, che ha illustrato la complessità per le imprese di ritenersi compliant in uno scenario dove coesistono “trattati internazionali su temi ambientali e sociali, normative europee su chimica e materiali, diversi schemi di certificazione, ma manca una norma sul modello economico”. Fabiana Orlandi, referente del Servizio Ambiente di UNIC – Concerie Italiane, ha potuto ricordare la natura circolare e lo sforzo sostenibile della pelle made in Italy: “Un prodotto durevole, che origina da un byproduct dell’industria zootecnica – ribadisce –. Un’industria che, negli ultimi dieci anni, si è impegnata a ridurre i consumi idrici, chimici ed energetici, nonché le emissioni in atmosfera e la produzione di rifiuti. Anzi, la quota di scarti destinati a recupero rappresenta oggi il 73,4% del totale”.

Perché la Lombardia
“Ospitiamo 3.400 aziende che creano un indotto da 35 miliardi di euro – rivendica Lara Magoni (nella foto), assessore al Turismo, al Marketing Territoriale e alla Moda di Regione Lombardia –. Per questo per noi la moda e il suo sviluppo sostenibile sono una priorità e per questo abbiamo messo in campo iniziative per il sostegno alle imprese”. E proprio in Regione Lombardia, annuncia Diego Zarneri (segretario Forum Economia Innovazione, qui la video-intervista), “sarà istituzionalizzato il tavolo dove mettere a confronto soggetti diversi per formulare un indice standard in grado di permettere in futuro di confrontare le scelte e le best practice in tema di sostenibilità e circolarità”.

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