Ora tutti chiedono: fake fur e vegan leather sono davvero green?

Ora tutti chiedono: fake fur e vegan leather sono davvero green?

Il dubbio si insinua. Ancora sotto traccia, ancora diluito in analisi che tengono insieme (con equilibrio politichese) più punti di vista. Ma il dubbio, intanto c’è. Ora che i materiali alternativi sono mainstream, le testate generaliste si chiedono: fake fur e vegan leather sono davvero green? Già. Perché il sospetto che passerelle e boutique piene di materiali sintetici non siano un favore all’ambiente, e che tanta plastica non sia poi meglio del prodotto naturale, è penetrato nelle redazioni.

La rassegna italiana
Il Sole 24 Ore parte da un presupposto econometrico: il mercato della “faux fur” tra il 2019 e il 2025 è dato in crescita del 19% annuo (fonte: Technavio), mentre quello della pelliccia è in calo. È evidente, dunque, dove soffia il vento del mercato. Il quotidiano milanese raccoglie, poi, l’esercizio di critica dell’International Fur Federation. Se la premessa all’epocale spostamento dal naturale al sintetico è la sostenibilità, siamo certi che il secondo sia green? “Nel 2018 i produttori di pellicce vere – si legge – hanno commissionato all’azienda di biotecnologie belga OWS uno studio per misurare la biodegradabilità di diversi tipi di pellicce, naturali e non”. Risultato? “Per le pellicce sintetiche il processo non è mai iniziato”.

Fake fur e vegan leather sono davvero green?
L’edizione di Vogue rivolta ai lettori più giovani (Teen Vogue), si addentra nella faccenda sottoponendo al proprio pubblico l’opinione di Alden Wicker. La giornalista, specialista di sostenibilità, ammette: “Non riesco proprio a comprarmi la pelliccia sintetica. La guardo e vedo un ammasso di microplastiche pronte a spargersi in una scia dietro chi la indossa”. Winkler, a chi non sopporta proprio l’idea di indossare una pelliccia animale, suggerisce di comprarne una di seconda mano o tratta “da specie invasive o sovrappopolate”.

E la pelle?
La canadese CTV News, invece, si interessa alla pelle. E si chiede se, nel fiorire di alternative “etiche” (secondo gli uffici marketing dei produttori) a quella naturale, non ci sia qualcosa di anomalo: fatta eccezione della nicchia dei materiali bio-based, si tratta di materiali plastici. “A conti fatti, è plastica – interviene Anika Kozlowski, assistente di Design della Moda, Etica e Sostenibilità presso la Ryerson University –. Non si biodegrada. È qui per sempre e non ha la durabilità della pelle”.

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