Argentina, come recuperare il pelo bovino per le batterie next-gen

Argentina, come recuperare il pelo bovino per le batterie next-gen

La filiera della pelle è votata da sempre al principio del riutilizzo dei materiali. La nuova sfida è per il recupero del pelo bovino avanzato in conceria. Dall’Argentina arrivano i risultati dello studio congiunto dei ricercatori del Conicet, l’agenzia governativa per la scienza e la tecnologia, e dell’Università Nazionale di Córdoba (UNC). Con i peli recuperati in conceria hanno sviluppato batterie al litio-zolfo di prossima generazione. I ricercatori hanno depositato il brevetto negli Stati Uniti.

Il progetto

Tutto è partito da un sacco di pelo bovino recuperato dai ricercatori Victoria Bracamonte, Guillermina Luque e Andrea Calderón in una conceria argentina. L’idea di partenza era convertirlo in biocarburi. Poi ne hanno tratto materia prima per creare batterie al litio. Le batterie attuali sono costituite da un anodo di grafite e un catodo di cobalto e nichel, scrive la stampa locale. Sono elementi costosi, inquinanti e scarsi. Utilizzando lo zolfo, è l’intuizione dei ricercatori, come catodo è possibile ridurre i costi. Ma lo zolfo ha bisogno di un posto dove aderire per formare il catodo, mentre per creare la struttura chimica di riferimento servono i biocarburi. Gli stessi che i ricercatori di Conicet e UNC ottengono dai peli avanzati in conceria.

 

 

Processo sperimentale

Il processo sperimentale prevede che il pelo passi attraverso una serie di lavaggi e la duplice cottura fino a 900 gradi. A seguire i ricercatori hanno aggiunto zolfo ed è stata realizzata una piccola batteria simile a quella di un orologio con un anodo di litio puro. Il pelo è tra i principali scarti delle concerie: i ricercatori calcolano che da ogni tonnellata di pelle di mucca bagnata si generano 85 chili di pelo residuo. Il gruppo di ricerca ha lavorato due anni e in piena pandemia da Covid per ottenere questo risultato. Le batterie con pelo di mucca potrebbero arrivare sul mercato solo entro 10 anni. Si tratta di una prospettiva green per l’industria conciaria da non sottovalutare. (aa)

Foto da Shutterstock

 

 

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