Il futuro prossimo della pelle italiana: intervista a Luca Pretto

Il futuro prossimo della pelle italiana: intervista a Luca Pretto

Cosa serve e cosa accadrà, in un futuro prossimo, alla pelle italiana e alla sua industria? Interrogativi di grande complessità, soprattutto alla luce di un anno come il 2020. Domande alle quali risponde in questa intervista Luca Pretto (titolare della conceria veneta Pasubio, nella foto) che, a inizio dicembre, ha fatto il suo ingresso nel Consiglio Generale di UNIC – Concerie Italiane.

Prima di tutto, un commento al suo ingresso nel Consiglio Generale di UNIC…

Ho accettato con orgoglio la proposta che mi è stata fatta di entrare nel Consiglio UNIC. Il 2020 ha messo a dura prova le nostre aziende e c’è un grande bisogno di unità e di una forte collaborazione. Anche da parte delle istituzioni locali, nazionali e internazionali per affrontare il prossimo biennio, quando dovremo superare le tante difficoltà legate agli effetti di medio periodo sull’economia reale della pandemia che ha colpito il mondo intero.

Cosa serve

Quali sono, a suo parere, le 2 principali priorità per l’industria italiana della pelle?

Innanzitutto, ridare la meritata dignità alla parola “pelle” contro tutti i prodotti, oggi in competizione, che sono molto meno ecofriendly dei pellami che sono la nobilitazione di uno scarto dell’industria alimentare. È ridicolo leggere tutt’oggi alcuni report che la rappresentano assurdamente come un prodotto più inquinante del PVC o di altri derivati dal petrolio.

La seconda priorità?

È collegata alla precedente e riguarda l’impatto ambientale della nostra industria. Si è fatto veramente tanto negli ultimi anni e bisogna continuare su questa strada e fare ancora di più, considerando il miglioramento dell’impatto ambientale non più come UNA priorità, ma come LA priorità. E bisogna farlo a livello italiano, non locale o dei singoli distretti. La sfida è con il mondo e non con il vicino di casa. Siamo un unicum: o si vince tutti o si perde.

Uno degli anni più difficili della nostra storia

In che modo si è evoluto il 2020 in relazione alla sua prospettiva aziendale?

È stato uno degli anni più difficili della nostra storia. Da aprile in poi abbiamo operato in una continua situazione di emergenza dove, alle difficolta di gestione delle prescrizioni di legge per garantire il distanziamento sociale e tutelare la salute dei nostri collaboratori, abbiamo subìto le difficoltà del mercato, soprattutto durante le settimane di lockdown e nel primo trimestre successivo alla ripartenza. Per fortuna, dal mese di agosto in poi siamo ritornati a una situazione di “quasi normalità” delle vendite. Chiuderemo l’anno, malgrado tutto, con grande soddisfazione.

Il futuro prossimo della pelle italiana

Che tipo di sviluppi prevede per il 2021?

È molto difficile fare previsioni per il 2021. Molto dipenderà dall’evoluzione di Covid e dalla capacità e velocità di vaccinazione della popolazione mondiale. Riteniamo che il nostro percorso di crescita subirà una battuta d’arresto nel 2021 e ci riterremo soddisfatti se replicheremo le performance del 2019. Bisognerà aspettare il 2022 per riprendere il trend di crescita che abbiamo avviato da diversi anni.

A più livelli, lungo la filiera, il 2020 ha rafforzato il trend delle acquisizioni e delle aggregazioni. Ritiene che proseguirà anche nel 2021?

Penso che questo sia, oramai, un trend senza via di ritorno.

Perché?

C’è bisogno di fare un’importante “massa critica “per affrontare gli anni futuri, durante i quali saranno necessari investimenti enormi per implementare una trasformazione tecnologica che sarà disruptive. Un processo che creerà un grande solco tra chi si sarà evoluto e chi sarà rimasto ancorato alle tecniche e alle tecnologie tradizionali.

Un dirompente upgrading tecnologico?

Io vedo all’orizzonte del nostro settore una grande rivoluzione industriale all’insegna dell’applicazione della robotica, dell’intelligenza artificiale, della digitalizzazione, dell’implementazione spinta della Lean Manufacturing e, infine, volta a un miglioramento continuo sul tema ESG (Environmental, Social and Corporate Governance). Per queste ragioni ritengo che il percorso di consolidamento settoriale sia solo agli inizi e mi aspetto nei prossimi anni una pluralità di operazioni in questa direzione.

Il distretto vicentino

In relazione al distretto vicentino, quali sono le tematiche di maggior attualità per il settore conciario?

Il distretto vicentino rimarrà un best performer nel panorama internazionale dell’industria conciaria se riuscirà a “chiudere il cerchio” sulla problematica dei fanghi. Sono ormai troppi anni che se ne parla senza agire. Ma sono sicuro che, ancora una volta gli imprenditori dimostreranno di saper recuperare il tempo perduto applicando una delle diverse tecnologie disponibili per far diventare anche i fanghi una risorsa, all’insegna dell’economia circolare, che è diventata, ormai, un must per tutti i settori.

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