Raccolta e liquidità: la concia di India e Bangladesh non riparte

Raccolta e liquidità: la concia di India e Bangladesh non riparte

La concia di India e Bangladesh non riparte e rimane invischiata nella crisi da CRV. Da un lato, a Nuova Delhi preoccupano soprattutto gli aspetti finanziari e le ricadute economiche della pandemia, per cui gli interventi del governo Modi sembrano non rappresentare una vera soluzione. A Dacca, invece, è un’incognita la riuscita (in termini conciari) della prossima Id-al-adha. Le imprese non si dicono pronte a recepire le grandi quantità di materia prima risultanti dalle macellazioni sacrificali.

La concia di India e Bangladesh

A giugno la quasi totalità delle concerie indiane ha ripreso l’attività. In molti casi si tratta di piccole aziende. Per molte di esse la riapertura, dopo il lockdown e la cancellazione degli ordini, è molto difficile. Per questo il primo ministro Narendra Modi ha annunciato il sostegno da parte degli istituti di credito. Lo Stato si farà garante di fronte alle banche per un fondo complessivo da 40 miliardi di dollari destinati a prestiti in favore delle piccole imprese. Il problema è che moltissimi imprenditori del settore hanno già acceso mutui o chiesto prestiti agli istituti bancari, quindi non ritengono fattibile accollarsi un nuovo debito. L’agenzia di stampa Reuters riporta che il Consortium of Indian Associations (CIA) ha scritto al governo che il 35% delle 650 milioni di piccole imprese del Paese potrebbe chiudere presto in assenza del sostegno pubblico. Molte banche, stando a quanto riporta gulf-times.com, non si accontenterebbe della parola dello Stato e chiederebbe agli imprenditori ulteriori garanzie. Per questo la richiesta che arriva dai conciatori è di avere un sostegno a fondo perduto da parte del governo.

 

 

Un vano sacrificio

Intanto in Bangladesh ci si interroga sul destino della materia prima grezza ottenuta durante la Festa del Sacrificio (30 luglio – 3 agosto). Nel corso della annuale cerimonia religiosa i fedeli macellano vacche e pecore. Solitamente il pellame grezzo rimanente è acquistato dai conciatori. Questo materiale rappresenta circa il 50% della pelle conciata durante l’intero anno. Nel 2020/2021 potrebbe non essere così. Dopo il lockdown, le concerie hanno registrato un importante calo degli ordini. Di conseguenza hanno dovuto liberarsi di una grande quantità di grezzo accumulato nei magazzini, ma poi non trattato, divenuto quindi rifiuto. Per fronteggiare il rischio, come riporta thedailynewnation.com, il Ministero del Commercio starebbe pensando di fissare i prezzi della materia prima grezza raccolta durante l’Id-al-adha per venire incontro ai conciatori. Secondo la Bangladesh Tanners Association (BTA), circa il 35% delle pelli è rimasto invenduto. Il governo punta così a risolvere il problema del tutto, ma potrebbe non bastare. Molte aziende non sarebbero riuscite a ottenere i prestiti per i nuovi acquisti e, quindi, non possono fare nuovi investimenti. (art)

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