Etiopia, la guerra spazza via il polo della pelle da 1.200 addetti

Etiopia, la guerra spazza via il polo della pelle da 1.200 addetti

La guerra nel Tigray ha causato la distruzione di Sheba Leather Industries, polo della pelle che esportava calzature, borse e accessori. È quanto emerge da un’indagine della Confederazione dei Sindacati Etiopi (CETU) riportata dal periodico The Reporter. Sheba è una delle 16 imprese del conglomerato Endowment Fund for Rehabilitation of Tigray, in precedenza di proprietà del Tigray People Liberation Front (TPLF) divenuto pubblico quattro anni fa. L’azienda è stata fondata nel 2004 con un capitale di 93 milioni di birr (1,6 milioni di euro al cambio attuale). Prima dello scoppio della guerra impiegava circa 1.200 persone.

 

 

Addio al polo della pelle

La guerra del Tigray è iniziata nel 2018 come una disputa tra il governo federale e l’amministrazione della regione a guida TPLF. In seguito ha coinvolto l’esercito della confinante Eritrea e il gruppo paramilitare Fano, contro le forze del TPLF. Una delegazione di 21 membri guidata dal presidente di CETU, Kassahun Follo, ha visitato il Tigray per valutare lo stato attuale delle imprese. Sheba Leathers risulta completamente distrutta, mentre non si conoscono le sorti dei suoi 1.200 dipendenti. “Lo abbiamo visto con i nostri occhi – ha dichiarato Kassahun a The Reporter –. Non è stato risparmiato nulla. Le bombe hanno devastato ogni componente della fabbrica”. Sheba, rinomata soprattutto per la produzione di prodotti in pelli ovine, prima della guerra esportava negli Stati Uniti grazie all’African Growth Opportunity Act (AGOA).

Cosa servirebbe per ripartire

“Sulla base degli attuali prezzi di mercato – ha dichiarato Kassahun –, sono necessari almeno 2,9 miliardi di birr (circa 50 milioni di euro) per ricostruire la fabbrica”. La guerra ha causato danni anche all’azienda tessile di Almeda: “Prima della guerra -ha concluso Kassahun – Almeda impiegava quasi 5.000 persone, che sono diventate tutte disoccupate a causa della distruzione della fabbrica”. (cjd)

Foto da shutterstock

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