I consumi in Russia, dove il made in Italy è “un valore assoluto”

I consumi in Russia, dove il made in Italy è “un valore assoluto”

La Russia ha affrontato la pandemia con minilockdown, ha limitato i viaggi dei suoi cittadini all’estero e ha distribuito il suo vaccino. Risultato: da febbraio si è messa (quasi) alle spalle Covid. Cosa è accaduto al retail? Non potendo varcare i confini nazionali, i russi hanno aumentato lo shopping in Patria. E le vendite online sono cresciute, ma non hanno registrato l’impennata registrata altrove, dove i negozi sono rimasti chiusi per molto tempo. Così, l’import di prodotti moda made in Italy è sceso, ma non è crollato come altrove. E per molti brand italiani, Mosca si è confermata la terza destinazione di vendita e la prima in termini di facilità di accesso, perlomeno rispetto a USA e Cina.

Made in Italy

“In Europa, la Russia è il Paese che più compra italiano, soprattutto moda e lusso” spiega a Fashion Magazine Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia e di Associazione Conoscere Eurasia. Riccardo Tortato, responsabile acquisti e direttore del menswear dei grandi magazzini TSUM (a Mosca) e DLT (a San Pietroburgo) conferma la resilienza del mercato interno russo. E cita Loro Piana, Brunello Cucinelli, Bottega Veneta, Dolce & Gabbana, Valentino e TheAttico, come i marchi del lusso che mostrano le migliori performance. “Il made in Italy è da sempre un valore assoluto. Persino molti marchi francesi riportano l’etichetta made in Italy come garanzia di qualità riconosciuta anche e soprattutto in Russia” afferma Tortato. Il quale osserva come grazie ai corridoi verdi i buyer russi abbiano avuto (e sfruttato), la possibilità di recarsi in Italia per un viaggio d’affari della durata di 5 giorni per fare acquisti.

 

 

Flessione, non un crollo

“Il segmento medio-alto non ha subito una grande flessione, quello medio ha risentito di più della crisi” osserva Arturo Venanzi, responsabile Laboratorio Russia e CSI per Assocalzaturifici. “Alcuni brand hanno addirittura aumentato i ricavi – prosegue Venanzi – anche se in generale c’è stata una flessione, ma non un crollo”. Nel 2020 l’export di calzature italiane è sceso del 17,6% in valore. Hanno fatto peggio Francia, USA e Regno Unito, per esempio. “Credo che già a settembre 2021 potremmo vedere una ripresa del business in Russia, ma bisognerà aspettare il 2022, con gli articoli destinati all’inverno succesivo, per poter tornare ai livelli prepandemia e magari superarli. Virus permettendo”, continua Venanzi. “La moda in Russia? Sneaker, ma non solo. Va bene la calzatura contemporary con fondo in gomma, anche perché il consumatore può andare nei negozi e non comprare solo online, canale dove si è propensi ad acquistare soprattutto sneaker. Fondo in cuoio e scarpa col tacco hanno ormai ruoli marginali”.  (mv)

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