Basta coi sermoni sulla sostenibilità a trazione vegana

Basta coi sermoni sulla sostenibilità a trazione vegana

Dicembre è mese di bilanci, premette l’autrice dell’articolo. Quindi varrà la pena di stilare anche quello dell’impegno nella sostenibilità della moda nel 2021. Ok. Siamo d’accordo. Peccato che il prosieguo dell’articolo di Vanity Fair, dove si individuano “i dieci progressi green” dell’anno, si riveli l’ennesimo pezzullo a trazione vegana. In che senso? L’articolo casca nell’equivoco di confondere l’imperativo morale veg, eliminare i materiali animali dalle collezioni, con la sostenibilità. Sette highlights su dieci ruotano intorno a griffe che bandiscono pelliccia e lana o ad altre che sperimentano nuovi materiali alternativi alla pelle. Ma non è così che funziona.

C’è un problema con la trazione vegana

“I grandi gruppi” hanno iniziato “un percorso di riflessione riguardo i loro processi produttivi, mettendo in discussione metodi di lavorazione e materiali un tempo dati per scontati nel mondo del lusso”. Ecco, sta proprio in questo passaggio la debolezza di tutto il ragionamento di Vanity Fair. Partire da questo presupposto per concludere che, allora, la cosa più green sia eliminare i materiali in discussione è sbagliato. È un falso assioma da troppo tempo in circolo. Che vive sempre sottotraccia e ha improvvisi ritorni in auge: come quando, ad esempio, Stella McCartney dal palco di COP26 ha lanciato i suoi strali contro la pelle (per fortuna, senza riscontro di pubblico).

Verità da mettere a fuoco

Abbiamo dedicato il numero 12 de La Conceria proprio in risposta al revival autunnale delle tesi vegane. Lo abbiamo fatto per ristabilire la verità sull’industria della pelle e della carne. Come abbiamo già scritto in occasione dell’addio alla lana d’angora annunciato (tra gli applausi di PETA) da Armani e Valentino, noi preferiamo la complessità. Mentre certi brand pensano di cavarsela con scelte semplicistiche (come i ban), noi tifiamo per chi, in risposta a problemi e criticità, investe nella filiera, perfeziona le pratiche industriali e salvaguarda i know-how artigianali, invece di disperderli. Per che cosa, poi? Per un applauso vegano.

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