Angora a rincorrere il consenso di PETA?

Angora a rincorrere il consenso di PETA?

Questa volta ci cascano marchi come Valentino e Armani. Che, per rincorrere il consenso di PETA, rinunciano alla lana di angora È un meccanismo, ahinoi, ormai noto. Un’associazione animalista crea allarme su un qualche materiale. La griffe di turno per quieto vivere, per marketing (o finanche per convinzione, chissà) decide di tagliar corto e, anziché investire sulla filiera, elimina tale materiale dalle sue collezioni. Infine la stessa associazione animalista di cui sopra, incassato il prestigioso endorsement, ricambia con una forma di pubblica standing ovation. È un meccanismo purtroppo noto, dicevamo, perché l’abbiamo visto a più riprese applicato alla pelliccia e alla pelle

Tutto per il consenso di PETA

Infatti, è andata proprio così. PETA Asia ha lanciato l’allarme: in taluni allevamenti cinesi i conigli d’angora sono trattati in maniera poco etica. Valentino e Armani hanno risposto al segnale, deliberando tout court l’eliminazione della lana d’angora dalle proprie collezioni. E PETA ne ha riconosciuto lo sforzo, insignendoli dei propri fashion awards 2021.

Preferiamo la complessità

Noi de La Conceria, chi ci segue lo sa, non amiamo questo tipo di soluzioni. Questioni complesse, come lo sono quelle relative al controllo della filiera, meritano risposte complesse, non tagli draconiani. Ognuno è libero di fare quello che vuole, chiaro. Ma non è altrettanto libero di propagandare come più sostenibili o attente all’ambiente scelte che, in fin dei conti, sono solo semplificazioni, industriali e comunicative. Alle griffe che banalmente eliminano i materiali preferiamo quelle che si assumono la responsabilità del controllo. Noi de La Conceria, e il numero 12 del nostro magazine ve lo ricorda, su questi tempi preferiamo la complessità.

A sinistra un look Valentino (con cardigan in angora), a destra uno Armani

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