SOS ricambio generazionale a Pitti: servono progetti formativi

SOS ricambio generazionale a Pitti: servono progetti formativi

SOS ricambio generazionale a Pitti (foto a sinistra): lo soffrono tutti, qualunque sia il settore di attività e in qualsiasi parte d’Italia. Di più: è un problema europeo a cui tutti stanno cercando di porre rimedio con iniziative che, però, produrranno frutti tra 2 o 3 anni. “Siamo anche noi imprenditori a dover dare dignità al mestiere. Un mestiere che dobbiamo conoscere e dobbiamo saper fare” ci dice Caterina Leombruni di Lemargo. Per Gianni Giannini di Doucal’s, invece, le Regioni o, comunque, “la parte pubblica” dovrebbe elaborare bandi per attirare i giovani in azienda.

SOS ricambio generazionale

“La nostra produzione è al 95% italiana. Ma in quel 5% che facciamo in Spagna e Portogallo vediamo delle realtà molto differenti dalle nostre, più dinamiche, con più giovani nel loro interno. Sì, il ricambio generazionale è un problema” afferma Christian Prazzoli, CEO di Baldinini. Sulla stessa linea Marco Palmieri di Piquadro per la pelletteria e Massimo Girardin che si occupa di abbigliamento in pelle con il marchio GMS 75. “Il tagliatore a mano di pellame è la competenza più a rischio di estinzione (foto a destra)” afferma Girardin.

Cosa succede nelle Marche

Nelle Marche stanno arrivando le griffe e gli investimenti di LVMH con Fendi e altri marchi. “Bisogna coinvolgere le grandi griffe che rastrellano manodopera locale e creano un’asta delle competenze poco piacevole” dice Gianni Giannini di Doucal’s secondo cui non è giusto che ogni azienda debba organizzarsi in maniera autonoma, attraverso proprie academy, per risolvere il problema. “Vorrei ci fosse un intervento della parte pubblica con bandi capaci di stimolare aziende e giovani”. Caterina Leombruni di Lemargo, sempre di Montegranaro, afferma che qualche giovane volonteroso lo ha trovato. “Dobbiamo stimolarli. Siamo noi imprenditori a dover dare dignità al mestiere, conoscerlo e saperlo fare”.

Manca la connessione

In definitiva, sembra mancare la connessione tra aziende e giovani. Un link che non è comunicato e condiviso da tutti i soggetti coinvolti. Per esempio: le scuole, le università e la parte pubblica in genere. A questo dovrebbe aggiungersi la valorizzazione sociale dei mestieri, perché formare giovani competenti nella moda significa attirare ancora di più brand esteri verso le produzioni made in Italy. (mv)

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