Con lo stentato +0,8% del PIL cinese suona l’allarme per il lusso

Con lo stentato +0,8% del PIL cinese suona l’allarme per il lusso

E ora l’allarme per il lusso suona davvero. Perché i risultati del secondo trimestre dell’economia cinese sono in tangibile frenata: il PIL della Repubblica Popolare nel secondo trimestre del 2023 segna +0,8% rispetto al primo e “solo” il +6,3% su base annua, risultato inferiore al target di almeno +7%. Le autorità di Pechino hanno, nelle ultime settimane, più volte smentito la prospettiva di un Paese a rischio deflazione. Ma la situazione, checché ne dicano, è delicata.

Perché il +0,8% non basta

La debolezza dell’economia cinese, quando tutti si aspettavano il vigoroso rimbalzo post-Covid, è conclamata. La stampa estera prova a mettere in fila le ragioni del principio di crisi. Alcune riguardano le relazioni con l’estero. Gli scambi con i partner commerciali non solo si sono ridotti, dopo tre anni di reshoring e le recenti manovre di derisking suggerite dalla diplomazia, ma sono anche compresse dall’inflazione, che riduce la capacità di spesa nei Paesi occidentali. Risultato: le imprese manifatturiere sono in crisi e il saldo commerciale in deterioramento. Ma sul PIL cinese pesano anche le crisi tutte endogene, come quelle dell’immobiliare. Pechino ha necessità di stimolo fiscale e monetario, osserva Financial Times, per navigare in queste acque turbolente. Ma il presidente Xi Jinping sembra concentrato su due fronti: il contenimento del debito e l’autosufficienza tecnologica.

 

 

Per questo suona l’allarme

La pubblicazione dei risultati trimestrali del PIL cinese ha subito mietuto la prima vittima. Il titolo di Richemont ha chiuso la seduta del 17 luglio alla Borsa di Zurigo con il -10,43% malgrado la semestrale positiva. Anzi, proprio perché la semestrale positiva è al traino dei consumi cinesi. È vero che il lusso è anticiclico, che dialoga con la fetta di popolazione più abbiente e che, quindi, solitamente non teme le crisi economiche. Ma è anche vero che se a dare segnali di frenata è il primo mercato di riferimento (la Cina, appunto) mentre il secondo (gli States) sono già in frenata, gli analisti cominciano a prendere sul serio le prospettive di rallentamento del sistema. È La Stampa a fare il conto delle perdite in Borsa. Sull’onda dello stop cinese, Hermès ha ceduto il 4,21%, LVMH il 3,73%, Moncler il 2,91%, Kering l’1,95% e Ferragamo l’1,01%.

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