D&G apre al see now buy now e (con riserva) alla finanza

D&G apre al see now buy now e (con riserva) alla finanza

D&G apre al see now buy now dopo anni di indifferenza alla formula. Non solo: il brand fondato da Domenico Dolce e Stefano Gabbana spende parole positive e interessate a proposito delle risorse offerte dalla finanza. I vertici di D&G, però, mantengono le proprie riserve sulla gerarchia tra il lusso, con le sue dinamiche, e la Borsa, con i suoi appetiti. Perché il coronavirus impone un’accelerazione alle strategie, ma meglio non snaturarsi.

See now buy now

Si chiamano DG Digital Show e sono iniziati il 13 novembre con la collezione Walking in the Street. Si tratta di “veri e propri spettacoli – riporta una nota stampa citata da Pambianco – che fondono l’unicità dell’esperienza fisica con le potenzialità del digitale, per una comunicazione globale e immediata”. Il format, che si ripeterà per nuove capsule, ha due caratteristiche. La prima: si svolge sul web e sui social. La seconda: è orientato al see now buy now. I capi appena presentati sono da subito disponibili all’acquisto in boutique (per chi vive in Paesi dove il retail non è sottoposto a restrizioni) e sui canali e-commerce. Per D&G è una prima volta.

 

 

E i rapporti con la finanza

È il CEO Alfonso Dolce, fratello di Domenico, a esprimere parole prudenti e interessate a proposito del (sempre possibile) magnetismo tra finanza e alta moda. “Nuovi capitali sono ovviamente un’opportunità e le aziende del lusso spesso hanno ancora più bisogno di risorse – dice a Milano Finanza –. Ma questo proprio perché hanno cicli di business diversi rispetto a quelli di altri settori”. Il manager ci tiene a spiegare che il fashion vive di dinamiche proprie cui gli azionisti sono chiamati ad adeguarsi. “I ritorni sugli investimenti a volte richiedono tempi più lunghi e non possono sempre sottostare alla logica del risultato trimestrale – spiega –. I soggetti finanziari che si avvicinano al fashion devono averne consapevolezza”. Inutile che fondi o private equity pensino di cambiare il meccanismo: anzi, il rischio è che rovinino tutto. “Negli ultimi 10-15 anni i gruppi che hanno aperto a capitali finanziari hanno rischiato di condizionare alcune realtà aziendali – conclude –. A volte è stato snaturato il prodotto, che era proprio quell’unicum desiderato dai clienti. Quando rendi un prodotto mediocre prima o poi hai un problema di business”.

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