PrimeAsia rimprovera la carne per i rincari: “Danno irreparabile”

PrimeAsia rimprovera la carne per i rincari: “Danno irreparabile”

Jonathan Clark, CEO di PrimeAsia, è chiaro. I gruppi della carne stanno giocando col fuoco. I rincari della materia prima, quelli già denunciati da UNIC – Concerie Italiane, rischiano di trasformarsi in un danno irreparabile. Perché, spiega Clark, l’aumento del costo della pelle finita si può trasformare in un nuovo assist ai materiali alternativi. “Ogni quota di mercato sottratta alla pelle – scrive su LinkedIn (da dove è tratta la foto nel riquadro in alto a destra) – è una quota che non tornerà più indietro”.

Danno irreparabile

Nel suo sfogo Clark parte dal 2014. “La domanda per le pelli finite conobbe un picco – ricorda – cosa che, insieme ad altri fattori, portò la materia prima USA a livelli record” e anche quella brasiliana molto in alto. “Ho molti amici in diverse aziende e ai tempi – continua – le conversazioni sui prezzi erano sempre incorniate nel tema del rapporto tra domanda e offerta. Ci tenevano a spiegare che quei rincari non avevano a che fare con loro o le nostre relazioni”. Bene, il problema, ribadisce il CEO di PrimeAsia, è venuto dopo la stagione dei rincari. “Tutti ricordiamo le conseguenze: abbiamo aperto le porte alle alternative più economiche. Sono venuti fuori innovatori da tutto il mondo con un mucchio di opzioni sostitutive della pelle. La filiera non ha mai recuperato quanto ha perso. E ora ci risiamo”.

 

 

Prospettive di breve e lungo termine

Clark invita gli interlocutori della zootecnia al dialogo: serve mettere a fuoco le priorità. “Devo credere che ci sono persone nelle multinazionali della carne – scrive – in grado di comprendere che qualsiasi guadagno, condotto nel breve termine dal rincaro della materia prima conciaria, danneggia la domanda del loro prodotto nel lungo”. Invece, a giudicare dai trend, le cose non stanno andando così: “È frustrante constatare – continua il CEO del gruppo conciario asiatico – che ci sono aziende che preferiscono imporsi un danno sul lungo termine”. Come? “Alzando i prezzi su una merce che, in fin dei conti, vale meno del 2% dei ricavi sul singolo capo di bestiame – risponde –. Non capiscono di aver bisogno della concia tanto quanto la concia ha bisogno di loro?”. La risposta, dunque, è nel dialogo tra stakeholder: “Non dico che la pelle scomparirà per gli alti e bassi del mercato – conclude –. Ma quando la pelle è sotto pressione su molti fronti, posso solo augurare che la carne si prenda il tempo per analizzare la situazione e preservare la propria domanda”.

A sinistra e al centro, immagini tratte da primeasialeather.com

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