Miuccia Prada cauta sul lusso lento: è “la fine dell’industria”

Miuccia Prada cauta sul lusso lento: è “la fine dell'industria”

Meno collezioni e meno release per un’alta moda meno bulimica. È, in estrema sintesi, il desiderio di molti. O per lo meno il comune sentire di quanti si sono uniti a Giorgio Armani nella battaglia al fast luxury. Miuccia Prada accende, però, una spia d’allarme. “Sono temi importanti, che però implicano la fine dell’industria: bisogna esserne consapevoli”. La mente creativa del brand toscano, parlando a La Repubblica, ammonisce sui rischi di una decrescita che non è detto si riveli felice.

La fine dell’industria

Meno prodotti e consumi richiedono un ripensamento radicale del sistema produttivo: non è un argomento da trattare con leggerezza, ma al contrario implica un grande sforzo”, spiega la stilista. Che, alla luce del desiderio di rigenerazione del fashion system, preferisce accendere i riflettori su altre priorità. “Trovo invece sempre più importante e attuale, non solo per chi fa moda, ma per qualunque persona pensante – continua –, il dibattito sulla sostenibilità, dal riutilizzo dei materiali alle lavorazioni a impatto zero: solo quattro anni fa erano discorsi vaghi, fumosi. Ora è una realtà sempre più di peso”. Non è un obiettivo puramente teorico. Al contrario, “la sostenibilità è possibile grazie a regole a cui tutti hanno aderito. Costa di più, ma è fattibile”.

 

 

Questione di peso

All’intervistatore che le chiede se consideri le dimensioni di Prada ormai eccessive, Miuccia risponde picche: la decrescita non è proprio nei suoi orizzonti. “Non mi è mai interessato essere di nicchia – sono le sue parole –. Se dovessi fare vestiti per un gruppetto di persone sofisticate, ultra-modaiole, lavorerei a occhi chiusi, sinceramente. Mi appassiona confrontarmi col mondo, anche con chi non mi conosce, conservando la mia voce”. A proposito di confronti, la stilista nella stessa intervista, che spazia su molti argomenti, dimostra grande interesse per le novità all’orizzonte. Dalle sinergie con Raf Simons, a quello di buono che può insegnare la digital fashion week: “Sono una sostenitrice delle sfilate, ma le dirò che l’inclusività insita nei video – conclude – mi è piaciuta moltissimo. Vale la pena approfondirla”.

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