I protagonisti di Mipel Lab: Biasutti e i punti di forza italiani

I protagonisti di Mipel Lab: Biasutti e i punti di forza italiani

“Per la produzione di borse dell’alto di gamma e lusso, l’Italia non ha punti deboli”. In altre parole: ha solo punti di forza. Parola di Mario Biasutti (nella foto), figlio di artigiani calzaturieri, che nel 1980 ha deciso di investire nella pelletteria fondando Mabi International a San Daniele del Friuli (Udine) e, poi, aprendo altri siti produttivi a Padova e Scandicci. Due anni fa Chanel ha rilevato il 40% della società, da tempo partner produttivo della maison. Oltre alla griffe francese, Mabi lavora per altri grandi marchi. Mabi sarà una delle aziende protagoniste di Mipel Lab, il salone del sourcing pellettiero che farà il suo esordio all’interno della prossima edizione di Lineapelle (22-24 settembre, Fieramilano Rho, per visitare la fiera clicca qui). Lo abbiamo intervistato.

Congiuntura ed evoluzione

Qual è l’attuale andamento di mercato?

Per i prodotti di alto livello c’è una buona ripresa e anche le prospettive per il prossimo anno sono positive. Le incognite, però, non mancano. Nel lusso si prevedono 2/3 anni di crescita.

E nelle altre fasce inferiori?

In generale, per tutto il mercato di fascia media e medio-bassa, chi produce made in Italy e con marchi propri ritengo avrà una strada in salita.

Come si è evoluta la pelletteria italiana?

Nel 1995 in azienda abbiamo fatto la scelta di lavorare per le firme. Poi ci siamo evoluti e oggi vendiamo i nostri servizi che partono dalla consegna del disegno dell’ufficio stile della griffe, alla produzione, fino alla logistica. Un percorso che è stato compiuto anche da altri colleghi. Credo che un buon 70% di aziende e addetti del settore della pelletteria in Italia lavori per i marchi. Aziende che formano un mondo non dico nascosto, ma comunque meno visibile rispetto a chi ha un brand.

Per queste è nato Mipel Lab?

Esatto. La pelletteria italiana è cambiata e Mipel deve tenerne conto. Mipel Lab è una vetrina di quel mondo meno visibile. Una vetrina utile non tanto ai grandi marchi che hanno la propria produzione ben organizzata quanto per i marchi medi e/o piccoli che possono orientarsi.

 

 

I punti di forza italiani

Quali sono i punti di forza del sourcing della pelletteria italiana?

Ne abbiamo tanti. Abbiamo la filiera completa. Il marchio straniero che viene in Italia trova partner in grado di aiutarlo anche nella parte progettuale, a partire dalla ricerca dei materiali per i quali abbiamo una scelta infinita. Abbiamo anche le competenze artigianali necessarie per soddisfare tutte le richieste e svolgere anche le lavorazioni più difficili e particolari.

E i punti di debolezza?

Potrei rispondere i costi, ma c’è un ragionamento da fare.

Quale?
I nostri costi sono più alti, ma il made in Italy nel mondo vale di più degli altri made in. Per il prodotto di lusso e di alta qualità non vedo punti deboli. Ovviamente quei marchi che hanno un target di prezzo inferiore devono, per forza, rivolgersi altrove dove trovano costi più bassi. Ma oggi il mercato è cambiato. Occorre flessibilità e l’Italia sta diventando sempre più competitiva. (mv)

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