La pelle è la certezza green per Ana Vasconcelos, vegetariana

La pelle è la certezza green per Ana Vasconcelos, vegetariana

“Attenzione a non sostituire la pelle con prodotti derivati dal petrolio”. Ana Vasconcelos, CEO della pelletteria portoghese Belcinto (76 dipendenti oltre ad una rete di terzisti locali), è vegetariana da oltre 20 anni e ha un certezza green: utilizza pellami italiani per i suoi accessori. Non solo: ritiene che, negli ultimi anni, sia cresciuta la sensibilità verso la sostenibilità, ma anche la confusione. “Noi produttori abbiamo ancora molta strada da fare”. Quanta e quale, la vicepresidente APICCAPS (Portuguese Footwear, Components, Leather Goods Manufacturers’ Association), ce lo spiega in questa intervista.

Pellami italiani

Belcinto si concentra da tempo sulla sostenibilità. Un punto di forza che ha consentito all’azienda di attirare molte griffe e di aumentare il fatturato…

Nel 2018 il fatturato è cresciuto del 40% e nel 2019 del 10%. Nel 2020 è rimasto stabile non per mancanza di ordini, ma a causa dei ritmi di produzione rallentati per le assenze degli addetti per la pandemia.

Siete sostenibili e fate affidamento sui pellami italiani, giusto?

Giusto. La gran parte dei pellami arriva dall’Italia. Sono pellami conciati al vegetale. Anche le concerie portoghesi, stanno andando versa questa direzione, con grezzo proveniente dal Portogallo. Per piccole quantità ci consentono di realizzare prodotti con una filiera più corta.

La certezza green di Ana Vasconcelos

Cosa vi chiedono i clienti?

La ricerca di prodotti naturali “sostenibili” è aumentata molto. Quindi le pelli vegetali o senza cromo sono le più ricercate dai nuovi clienti. C’è richiesta anche di prodotti vegani, ma c’è ancora un malinteso sul termine sostenibile. Noi abbiamo uno statement: non produrremo articoli per chi vuole sostituire la pelle semplicemente con plastica, con petrolio e sostanze chimiche e che viaggiano troppi chilometri per arrivare da noi.

A proposito di sostenibilità: sensibilità e comunicazione sono cresciute…

Sì, ma è aumentata anche la confusione. Occorre incrementare l’educazione alla sostenibilità, in modo che le aziende siano più trasparenti su ciò che producono e ciò che vendono. I consumatori sono esigenti, ma non hanno la reale conoscenza di ciò che realmente protegge la natura. E noi produttori abbiamo ancora molta strada da fare per arrivare a una fabbrica ideale, che protegga davvero l’ambiente. Questo è un cammino che abbiamo già intrapreso e non c’è modo per tornare indietro.

Il reshoring

Come è stato il 2020 di Belcinto?

Abbiamo lottato contro la situazione e non abbiamo mai chiuso del tutto. Sono arrivati da noi nuovi marchi alla ricerca di nuovi prodotti, spostando delle produzioni dall’Estremo Oriente all’Europa. E quando i ritmi produttivi non sono al massimo formiamo i nostri lavoratori, migliorando la versatilità delle loro competenze. Cerchiamo di guardare al futuro con positività.

Quali sono le prospettive per il 2021?

Terminare i progetti che hanno subìto un rallentamento nel 2020. Aumentare la qualità dei nostri team. Essere in pole position come azienda portoghese capace di offrire al mercato il nostro meglio: il “savoir faire” e l’artigianato.

Ha accennato al reshoring della produzione dall’Asia in Portogallo: è una reale opportunità?

Certamente. Ci sono molti movimenti a livello di produzione in tutto il mondo. E il Portogallo è un Paese privilegiato in fatto di industria: flessibilità, tecnologia, etc. Ma ci sono aziende che non hanno la possibilità di venire qui se non cambiano il loro mood. In altre parole: meno fast fashion e più politica strategica verso la sostenibilità. (mv)

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