La pelletteria artigianale secondo Piero Peroni

La pelletteria artigianale secondo Piero Peroni

“Anni fa il giovane che andava a lavorare, molto spesso veniva assunto da un laboratorio o da una PMI. Per cui doveva saper fare un po’ di tutto. Oggi, invece, lo assumono le griffe. Dove svolge uno al massimo due fasi di lavorazione. Per cui impara poco”. Piero Peroni (nella foto scatatta durantel l’ultima edizione di Pitti Immagine Uomo) è uno storico artigiano pellettiere di Firenze. Guida l’omonima azienda (fondata nel 1956) con il fratello Maurizio. E ci conduce lungo un percorso di analisi del presente della pelletteria artigianale italiana.

Il fattore formativo
“Una volta uscito dalla griffe – continua Peroni – l’addetto non ha le stesse competenze di chi si era formato nella PMI. Inoltre, è costretto a fare altra formazione se, al suo prossimo impiego, è chiamato a svolgere delle fasi di lavorazione diverse da quelle che faceva prima”.

Peroni Firenze
“Siamo una delle poche pelletterie artistiche fiorentine rimaste. Produciamo i nostri articoli senza cuciture e solo con pellame conciato al vegetale” sottolinea Peroni. Ora l’azienda è alla terza generazione. Specializzata nella decorazione del cuoio a mano in vero oro, Peroni realizza accessori moda: portafogli, porta biglietti da visita o portamonete, oltre a complementi d’arredo, borse e cartelle. Tutto a mano. Ha 9 dipendenti e realizza all’estero il 75% delle vendite.

I consumatori
“Oggi, soprattutto il mercato italiano cerca prodotti a basso costo. Prima si guardava di più alla durata del prodotto e alla qualità” osserva Peroni. “Come è cambiata la pelle? In generale credo che negli anni passati trovava un maggiore impiego la pelle di alta qualità. Oggi, invece, si guarda di più al prezzo dell’articolo”.

I mercati
“Risentiamo delle difficoltà del mercato giapponese che stiamo cercando di compensare con altri Paesi. Da un paio di anni attraversiamo una fase di stabilità che dovrebbe proseguire anche quest’anno. Il nostro prodotto non è indispensabile. Ci accorgiamo che avremmo bisogno di un sostegno nella comunicazione. Per questo credo che dovremmo metterci insieme tra varie aziende, soprattutto se lo Stato italiano non riesce a fare comunicazione come invece avviene in altre nazioni”. (mv)

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